E l’Alleanza affila le armi per proteggersi dai russi

«Non c’è niente di provocatorio nell’aiutare le aspirazioni della Georgia verso uno sviluppo democratico né quelle di avvicinarsi alla comunità euro-atlantica». Con queste parole James Appathurai, portavoce della Nato, ha rispedito al mittente le accuse all’Alleanza Atlantica, formulate proprio ieri dal presidente russo Dmitry Medvedev, di aver provocato il conflitto dello scorso agosto nel Caucaso.
La riunione dei ministri della Difesa della Nato a Londra, in sostanza, ha confermato la linea fin qui coerentemente seguita: quella del rifiuto di concedere alla Russia il suo presunto diritto a una zona d’influenza in quella che fu l’Unione Sovietica, oltre che nei Paesi dell’Europa centro-orientale che per un quarantennio le furono assoggettati.
A Londra il tema dei rapporti con la Russia ha avuto ovviamente molto spazio, ma - come ha confermato anche il ministro italiano Ignazio La Russa, che ha anche detto che non è stato deciso alcun aumento di effettivi italiani in Afghanistan - non ha monopolizzato le discussioni. Secondo una fonte del Pentagono citata dal Los Angeles Times, tuttavia, i responsabili della Difesa dell’Alleanza Atlantica avrebbero affrontato un tema molto delicato: quello della creazione di una «forza difensiva rapida» che verrebbe inviata nei Paesi che si sentono minacciati dalla Russia. Facile pensare alle tre Repubbliche baltiche, dove l’intervento russo ha suscitato forti preoccupazioni e spinto i governi lituano, lettone ed estone a chiedere alla Nato di occuparsi seriamente della loro eventuale difesa. La nuova «forza rapida», scrive il quotidiano californiano, sarebbe «piccola, leggera e di natura difensiva». Ciononostante, le stesse fonti della Difesa Usa riconoscono che la sua creazione potrebbe irritare ulteriormente la Russia.
Il segretario generale della Nato, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, si è comunque limitato a dire che è essenziale che l’Alleanza si doti di forze moderne e più flessibili, affermando che la crisi del Caucaso non modificherà i suoi piani. «Non c’è differenza - ha spiegato - tra le forze di cui c’è bisogno in Afghanistan e le forze di cui ci sarebbe bisogno in uno scenario, Dio non voglia, di difesa del territorio della Nato».


Quanto alla Georgia, che continua a chiedere l’ammissione alla Nato oltre che all’Unione Europea, il suo processo di avvicinamento prosegue con tempi lunghi: non è ancora stata ammessa allo stadio precedente l’ingresso vero e proprio, quello della partnership.

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