Gianni Pennacchi
da Roma
«In prima istanza è una questione di buonsenso, lo dice anche il proverbio che è meglio un uovo oggi di una gallina domani: sai quanti sottosegretariati sta promettendo Fassino? Ma è anche un problema concreto, perché al movimento delle cooperative non serve un sottosegretario: gli serve Turci in Parlamento, con qualunque governo». Sorride il compagno emiliano fornendo la sintesi dellevento che ieri ha scosso e stupefatto il centrosinistra: Lanfranco Turci, storico esponente del Pci/Pds/Ds emiliano, migliorista da cinquantanni, tutore delle coop nel partito e nelle istituzioni, se ne va, molla i compagni per candidarsi con la Rosa nel Pugno di radicali e socialisti.
Una bomba per il Botteghino, che ha appreso la notizia da Radio Radicale ai cui microfoni il senatore modenese stava appunto raccontando di aver scritto una lettera al segretario dei Ds. Piero Fassino ha affidato il suo «stupore» ad un comunicato, rivelando che «soltanto pochi giorni fa» Turci aveva invece «accolto con soddisfazione» la proposta «di essere impegnato in una significativa funzione di governo, nellauspicata prospettiva di una vittoria elettorale del centrosinistra». Anche su Turci era caduta la mannaia del pensionamento parlamentare, avendo già fatto quattro legislature: spazio alle nuove leve e promessa di ripescaggio governativo, è un ritornello sin troppo frequente sotto la Quercia. Pur se Turci fa risalire la sua scelta al «lavoro comune fatto durante la campagna referendaria sulla procreazione assistita» coi radicali. Mica è voglia di non scollarsi dallo scranno, con la Rosa nel Pugno «non ho nulla di garantito» assicura, rimanendo «convinto che dopo il referendum nei Ds è calato il silenzio». Un passo sofferto: «Sono stato iscritto al Pci dalletà di 16 anni, ho alle spalle 49 anni di battaglie e di lavoro, credo di aver meritato rispetto allinterno prima del Pci, poi del Pds e infine dei Ds. Mi auguro che il dissenso politico non faccia dimenticare che siamo tutti schierati dalla stessa parte».
Dissenso politico? A sera finalmente, illumina la goccia che gli ha fatto saltare il fosso: veder capolista in Emilia Romagna, Sergio Zavoli. «Penso che in una regione come la nostra, il capolista potesse essere un dirigente di partito», sussurra Turci per poi sparare sul quartier generale: «Ho letto in questa decisione la scelta di confermare equilibri già consolidati. Nei Ds ormai, si va avanti per logiche di fedeltà e non per il dibattito politico interno». Così scoperchiata la pentola, ha voglia Ivano Miglioli (segretario modenese) a rimproverargli che il partito per quel referendum ha raccolto in città «ben 30mila firme», ha voglia Roberto Montanari (segretario regionale) a dirsi «stupito e rammaricato». Si «dispiace» Enrico Morando suo (ormai ex) capo corrente, ed è «sorpreso» pure Pierluigi Castagnetti. A staffilare col curaro provvede la Velina rossa, che irride alla «conversione radicale» di Turci, ricordando che quando era «braccio destro» di Giorgio Napolitano «ha contrastato la battaglia sul divorzio e sullaborto».
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