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E l’Fbi scagiona i servizi italiani: «Mai confezionato falsi dossier»

L’agenzia investigativa americana chiude un’indagine durata due anni: «È stato un ex agente isolato a inventare le prove»

Diana Alfieri

da Roma

Non bastassero le smentite ripetute dei governi americano e italiano, dall’altra parte dell’Oceano arriva una lettera dell’Fbi che scagiona il Sismi sull’affaire del Nigergate rispolverato dalla Repubblica. Il documento del Federal bureau of investigation, recapitato alle autorità italiane quest’estate, riporta le conclusioni sull’indagine (durata due anni) avviata per fare luce sulla fabbricazione delle false prove del traffico d’uranio dal Niger all’Irak di Saddam Hussein. Gli accertamenti hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che né il governo italiano né la sua intelligence hanno avuto un ruolo nel confezionamento del dossier che un ex collaboratore part time dei servizi segreti, Rocco Martino, aveva redatto per gli 007 francesi consegnandone poi una copia anche al settimanale Panorama che prima lo fece controllare all’ambasciata americana a Roma e poi, dopo le opportune verifiche fatte da una sua giornalista direttamente in Niger, decise di non pubblicare nulla.
Stando all’analisi dell’Fbi, le spiegazioni fornite dal servizio segreto diretto da Niccolò Pollari hanno fatto piena luce «sulla catena di eventi dal 1999 al momento in cui i documenti sono stati consegnati all’ambasciata degli Stati Uniti», ovvero al 9 di ottobre del 2002. Nessuna contraffazione, nessun complotto dunque. Ciò che va scrivendo Repubblica, alla luce di quest’ennesimo documento (dopo i rapporti al Senato Usa e al parlamento inglese) ha sempre meno fondamento: «Lo scambio di informazioni con il servizio segreto italiano - continua la nota - ha fornito anche l’inconfutabile prova che sostiene pienamente la nostra teoria del profitto personale da parte di un individuo ed esclude la possibilità di una campagna di disinformazione nei confronti del governo degli Stati Uniti». Nonostante ciò, l’inchiesta della Repubblica continua imperterrita incurante anche dell’ennesima smentita arrivata da Palazzo Chigi (dopo le due precedenti del luglio 2003 e dell’agosto 2004) e dalla «sfida» rabbiosa lanciata dal direttore del Sismi, Niccolò Pollari, che ha chiesto di essere ascoltato immediatamente dal Copaco (comitato di controllo sui servizi segreti) per smentire punto su punto ciò che il quotidiano di Ezio Mauro sta riproponendo in questi giorni. Molto probabilmente il capo degli 007 con le stellette riprenderà il filo proprio dall’audizione del 16 luglio del 2003 del sottosegretario con delega ai servizi segreti, Gianni Letta. Il quale, sull’affaire uranio-Niger, riferì senza timore di smentita che l’intelligence italiana non era coinvolta in alcun modo nel falso dossier sulla vendita di uranio dal Niger all’Irak. Il Sismi, disse Letta, si è occupato del possibile acquisto di uranio da parte dell’Irak fin dal 2001, ma con altri documenti e fonti che non possono essere divulgati per non pregiudicare la sicurezza di alcune fonti dei Servizi.
Come già accennato, alla spy story si era interessata anche la procura di Roma, nella persona del pm Franco Ionta, che però ha recentemente chiesto l’archiviazione. L’inchiesta aveva preso il via dopo le rivelazioni di alcuni quotidiani inglesi che citavano Rocco Martino come l’informatore che avrebbe consegnato il dossier sull’uranio agli 007 francesi.

Interrogato come testimone dal pm Franco Ionta, Martino, ex carabiniere ed ex agente del Sid che della vendita di informazioni ha fatto la sua attività, sottolineò che il Sismi non ebbe alcun ruolo nella falsificazione dei documenti, di aver ricevuto il carteggio da un funzionario dell’ambasciata del Niger a Roma e di averla consegnata ai servizi segreti francesi dai quali riceveva periodici compensi.

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