E l’ultima spiaggia sono gli hedge fund

È l’ultimo paradosso della crisi: Obama chiederà a hedge funds e ai fondi di private equity di aprire il portafoglio per sostenere la ripresa dell’economia americana, ma con rischi minimi, perché a garantire le operazioni sarà lo Stato. E molto generosamente. Insomma, gli speculatori sono chiamati a salvare la patria, con la prospettiva di nuovi, colossali guadagni.
Il meccanismo, allo studio del Tesoro e della Federal Reserve, parte da una considerazione: il governo americano ha assolutamente bisogno di far ripartire il credito, ma ormai quasi nessuno dispone della liquidità necessaria: le banche sono a secco; gli investitori tradizionali, come i fondi pensioni, in difficoltà; gli investitori stranieri sempre più prudenti e propensi a comprare solo Buoni del Tesoro. Gli unici ad avere le casse piene di contanti sono gli hedge funds e i fondi d’investimento che sono riusciti a superare indenni la bufera finanziaria dello scorso autunno. Il problema è che di solito non investono nelle obbligazioni e nei prodotti finanziari che sostengono il mercato del credito, ritenendoli poco interessanti.
Come indurli a cambiare idea? Il presidente Obama e il ministro del Tesoro Thomas Geithner ci hanno pensato per settimane e ora, secondo la Washington Post, avrebbero trovato la soluzione, che scandalizzerà buona parte dell’opinione pubblica, perché richiede un esborso supplementare di mille miliardi di dollari e condizioni estremamente favorevoli.
Il meccanismo dei «Talf» (Term Asset-Backed Securities Loan Facility) funzionerebbe così: l’hedge fund investe un milione di dollari, lo Stato ne mette nove. I dieci milioni servono a garantire i prestiti per gli studenti, le carte di credito, i mutui. L’accordo dura tre anni, scaduti i quali il «Talf» potrà essere riscattato. Se l’America si sarà ripresa, il valore sarà aumentato a undici o dodici milioni. In questo caso, oltre a rientrare del milione iniziale, il fondo incasserebbe tutta l’eccedenza oltre i dieci milioni, con un rendimento del cento o duecento per cento. In caso contrario, lo Stato si accollerebbe il 90% della perdita con una barriera al ribasso e senza effetto leva.
Secondo la Casa Bianca questo è un «esempio di collaborazione tra pubblico e privato», in realtà garantisce all’investitore privato potenzialità di guadagno infinite, a fronte di un rischio molto contenuto. E infatti le prime reazioni di Wall Street sono positive.
Non altrettanto rischiano di essere quelle della gente comune. Dopo aver assistito allo scandalo dei bonus multimilionari elargiti ai manager delle banche salvate dal fallimento, molti riterranno immorale un accordo di questo tipo e il contraccolpo in termini di immagine e di fiducia rischia di essere molto pesante per Obama, che però si è convinto di non avere alternative. Finché chi ha liquidità la terrà chiusa in cassaforte, l’America non potrà riprendersi, sperando che i costi complessivi siano realistici.
Il governo americano ha stanziato 700 miliardi per salvare le banche, 800 miliardi per il piano di rilancio, ora bisogna aggiungerne altri mille miliardi. E non è finita: il fondo dove dovrebbero essere accantonati i debiti tossici delle banche richiederà l’esborso di altri mille miliardi. Totale: tremilacinquecento miliardi di dollari.

E se si considera che quest’anno scadranno centinaia di milioni di buoni del Tesoro, sorge un interrogativo: cinesi, giapponesi e arabi, che fino ad oggi hanno sottoscritto il debito Usa, sono disposti e, soprattutto, hanno i fondi necessari per triplicare gli acquisti di obbligazioni a rendimenti di poco superiore allo zero?A Wall Street c’è chi teme che nel giro di qualche mese i Treasury bonds possano valere come junk-bonds, le obbligazioni spazzatura. Un’ipotesi da brivido.
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