E «Liberazione» difende il camerata: in cella per una canna, scarceratelo

Appello da sinistra contro la revoca della semilibertà al terrorista nero Concutelli: «Parlare del suo passato non serve. È un uomo straordinario»

da Milano

Va bene anche l’«uomo nero», se aiuta la causa dei rossi.
Lui è quello che il 10 luglio del 1976 uccise con una mitraglietta il giudice Vittorio Occorsio perché, disse: «La giustizia borghese si ferma all’ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre». Ed è quello che di ergastoli se n’è presi tre, perché al primo omicidio ne ha aggiunti due, i terroristi neri Ermanno Buzzi e Carmine Paladino li strangolò in carcere con un filo di nylon perché li considerava delatori, spie. Ma per la sinistra, Pier Luigi Concutelli l’ex comandante militare di Ordine nuovo che dei suoi crimini non si è mai pentito, oggi è solo uno che «non è affatto una persona ipocrita. Chiama pane il pane e vino il vino». Soprattutto, nel corso dei suoi 31 anni di carcere già scontati si è scagliato contro un regime carcerario che, come recita il vecchio adagio della sinistra, non redime ma punisce. Ancor di più, Concutelli crede nel valore terapeutico della cannabis, tanto da farne uso anche se è in semilibertà.
Quel pezzo di «fumo» glielo hanno trovato in tasca e l’hanno rispedito a Rebibbia a dispetto delle sue proteste, era per uso personale, ha detto, mi serve per combattere la pressione alta. Un’ingiustizia, tuona adesso la sinistra, che dalle colonne di Liberazione addirittura fa appello alla Commissione europea dei diritti dell’uomo, che presti attenzione al «caso Concutelli» e promuova «una campagna in difesa del suo diritto al ritorno in semilibertà». E così, per quegli unici tratti che li accomunano, adesso l’ex dirigente del Fuan e poi dirigente di quell’Ordine nuovo i cui aderenti vennero condannati per ricostituzione del Partito nazionale fascista, adesso è amico dei comunisti.
Scrive il quotidiano diretto da Piero Sansonetti che sì vabbè, il passato. È l’ora di finirla, con questa storia che ci si volta a guardare indietro: «Parlare del suo passato pre carcerario non serve a nulla». E che importa se Concutelli da quel passato non si è mai dissociato: «Parliamo invece dei suoi 31 anni di carcere, una pena che, ben peggiore della pena di morte, pochi hanno subito in questo Paese». Ed ecco il punto: «Parliamo della necessità di considerare legale l’uso terapeutico della cannabis». Una misura sproporzionata, avverte Liberazione, quella di togliere la semilibertà a un uomo di 64 anni come Concutelli. Che soffre di prostata, in 31 anni ha perso trenta chili e guadagnato «tanti acciacchi in più».
È un appello accorato «a tutti i garantisti rimasti nel nostro Paese», quello della sinistra che poi va a piazza Navona con i giustizialisti alla Antonio Di Pietro.

Ricordino che «con i prigionieri per “eversione di sinistra”», il camerata Concutelli «ha condiviso la necessità di criticare il carattere classista del sistema carcerario, che punisce solo ed esclusivamente i poveracci, e di promuovere una cultura nuova, capace di mettere in discussione alla radice le misure penali infernali come il “fine pena mai”». Un uomo dalla «straordinaria generosità umana», insomma. «Il mio onore si chiama fedeltà», era il motto di Ordine nuovo. Era lo stesso motto delle Ss. Ma il passato è passato. Quando serve alla causa.

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