nostro inviato a Frascati (Roma)
L'accelerazione leghista in materia di federalismo fiscale e le critiche di Bossi e Maroni all'operato dei loro colleghi Gelmini e Alfano hanno un peso specifico. Alla vigilia delle tornate elettorali amministrative, il nascente Pdl deve preoccuparsi per le intemperanze dialettiche di un partner che rischiano di condizionare non solo l'immagine ma anche l'azione dell'esecutivo?
«Come vicepresidente vicario dei senatori del Pdl - argomenta Gaetano Quagliariello - ho sempre toccato con mano la lealtà parlamentare della Lega. Poi, è chiaro che nella Regioni del Nord ci sia una concorrenza elettorale e bisogna riportarla nell'alveo di una normale competizione». Anche Italo Bocchino, vicecapogruppo in quota An dei deputati Pdl, liquida gli attacchi del Senatur come una sortita «tattica per la guida della Regione Lombardia». Allo stesso modo, il sottosegretario allInterno Alfredo Mantovano ha ricordato che «le differenze di toni non hanno inciso sull'azione di governo».
Insomma, la tendenza emersa nel Pdl a margine dei dibattiti organizzati a Frascati dalla Summer School della Fondazione Magna Carta è quella di non enfatizzare eccessivamente la verve dialettica leghista. «Hanno sempre avuto un certo tipo di animal spirit, bonariamente inteso, ed è come frequentare un amico che ascolta la musica a tutto volume», spiega il capogruppo dei senatori Maurizio Gasparri.
Ma che l'alleato di governo vada in qualche misura «arginato» lo fa capire chiaramente il presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto. «L'unificazione di Fi e An deve portare a un processo di rinnovamento perché è vero che al Nord siamo maggioritari ma la Lega ci tampina. Quello che conta è il lavoro sul territorio perché i voti che abbiamo perso alle politiche al Nord li abbiamo persi a favore della Lega», rileva. Mentre Quagliariello ripete che «l'allargamento all'Udc si fa puntando sul patrimonio di valori che abbiamo in comune» criticando le fughe in avanti sui Dico che potrebbero complicare i rapporti.
Certo, ad An sentir parlare di Udc non fa piacere anche perché l'ingresso dei casiniani prefigurerebbe un ridimensionamento. «Non è necessaria la furbata di reclutare l'Udc per farle recitare il ruolo di contrappeso della Lega», sottolinea Mantovano. Per Cicchitto, però, il Pdl «non è un partito in cui chi entra, piglia e butta la chiave».
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