Paola Setti
A mezzogiorno rispondevano così: «Riunione di maggioranza? ma quale maggioranza, scusi?». Alle 16, dopo tre ore a parlar di buco della sanità col buco nello stomaco, che Claudio Burlando il presidente, si sa, non pranza mai, i comunisti sono usciti un po meno rossi, di rabbia sintende.
Erano entrati agguerriti, decisi a ribadire che «o ci coinvolgete nelle decisioni o da questa maggioranza ce ne andiamo». Perché da settimane, anzi da mesi, insomma da fin troppo tempo, i partiti grandi la fanno da squali, sincontrano fra loro, parlano con gli assessori che sono dei loro, poi se ne escono sui giornali e comunicano le decisioni. E loro, i pesci piccoli della Sala verde di via Fieschi, scoprono tutto così, la mattina in edicola, e ogni volta son costretti a reclamare incontri di maggioranza e confronti per poter dire la loro. Il vaso è traboccato sulla sanità, perché questa volta al di là del metodo Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi dissentivano pure sul merito di molti dei provvedimenti annunciati per risanare il disavanzo.
Ieri cè stato lennesimo tardivo incontro, e i partiti che volevano fare la rivoluzione hanno accettato la tregua armata. Perché Ds e Margherita hanno fatto mea culpa, promettendo per il futuro confronti preventivi e persino collegialità, se pure con una formula neutra che sul documento congiunto fa così: «Si è deciso di monitorare costantemente, in questa fase così delicata, il sistema sanitario attraverso uno strettissimo collegamento del lavoro della giunta e della maggioranza», là dove non si sa che cosa accadrà quando la fase sarà meno delicata, ma vabbè.
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