Se n'è accorta anche la Cgil: le tasse non sono bellissime. Meglio tardi che mai, no? Abbiate fiducia: se aspettiamo ancora qualche anno, magari i sindacalisti si accorgeranno che le tasse sono persino bruttine, e poi magari che sono proprio brutte, e se fanno lo sforzo finale, tra un decennio, arriveranno a dire che le tasse sono bruttissime come certe ex morose invecchiate precocemente.
Benvenuti, compagni. Le conversioni adulte ci sono sempre piaciute. E quindi evviva Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, che in un’intervista al Corriere della Sera dichiara che ci vuole meno fisco in busta paga. Addirittura lui quantifica: bisogna tagliare cento euro di tasse al mese. Perfetto: è una svolta storica. Fino a qualche tempo fa l'unica sua preoccupazione sembrava quella di tagliare i profitti dell'odiato padrone. Adesso, forse, si rende conto che l'odiato padrone sta pure lui alla catena. E il vero vessatore, in realtà, è lo Stato.
Lotta dura, rivolta fiscale senza paura. Lo slogan è già pronto. Qualcuno noterà la Cgil, che una volta era l'avanguardia del sindacato, adesso va sempre al traino della Cisl. Ma, come dicevamo, non si può pretendere tutto. Ognuno ha i suoi tempi. Anche quando è un po' fuori dal tempo.
Oggi però bisogna giubilare. Quella del segretario Cgil è stata davvero un'illuminazione, praticamente un Epifania. L'Epifania di Epifani. Ha visto la stella cometa, dopo aver fatto vedere le stelle agli altri. E noi non possiamo che recitare con lui: meno tasse per tutti. Una volta sembrava una provocazione del centrodestra. È diventato uno slogan da tute blu. Come cambiano le stagioni.
Dove prendere, però, i soldi necessari per ridurre le tasse? Epifani indica una strada maestra: quella della riduzione degli sprechi. Ma che significa ridurre gli sprechi? Andare a incidere sulle sacche improduttive dello Stato? Proporre mobilità e meritocrazia? Cacciare gli scansafatiche e i fannulloni? E che ne pensa la Cgil pubblico impiego?
Nella Epifania di Epifani si manifesta tutta la contraddizione di questo Paese, bloccato dall'ostruzionismo di un sindacato che fino a ieri non capiva nemmeno quale fosse la strada giusta da percorrere. E ora, che forse lo capisce, si rende conto che non può percorrerla perché tradirebbe se stesso, i suoi iscritti, le parole d'ordine che continua a pronunciare in piazza.
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