Ernesto Cazzaniga*
Gli amici del galoppo si sono bruscamente risvegliati dal loro dorato letargo, dopo la sentenza della disciplinare dappello che ha reintegrato il cavallo Dayano, di proprietà tedesca, nellordine darrivo del Derby 2004, distanziato per una violazione regolamentare, che trattava dellobbligo di permanenza in Italia per un determinato periodo (30 giorni) e non oltre, alle cure dellallenatore straniero. Giorgio Bergamaschi ne ha dato notizia sul quotidiano ippico, limitandosi ad argomentare con pacatezza e chiarezza, non nascondendo, tuttavia, che il problema apre una serie di altri e ben più corposi interrogativi. Unico neo, il titolo: «Vale il diritto della U.E.» Il che, nel 2005, è come fare la riscoperta dellacqua calda. In buona sostanza la violazione ci sarebbe stata, ma la disciplinare ha riconosciuto linsussistenza della norma, in palese contrasto con le norme comunitarie.
Sabato scorso è apparso, sempre sul quotidiano ippico, un intervento di Mario Berardelli che al posto di chiarire e approfondire seriamente la questione, ha fatto altra confusione. Personalmente io non sono un esperto, ovviamente, come credo Berardelli, però ho lumiltà di chiedere e di informarmi, per evitare di dire inesattezze inutili.
Berardelli, alla fine di una serie di esempi - devo riconoscere abbastanza calzanti e plausibili per il galoppo - tira in ballo il settore trotto cominciando con una imprecisione imperdonabile: «...come la metteremmo con le corse al trotto che sono aperte, al 90% e forse anche più, solo ai cavalli nati e allevati in Italia?» Era sufficiente andare sul sito Unire, avrebbe avuto modo di leggere il regolamento Corse, esattamente larticolo 30 che al V cpv recita: «Sono denominati Cavalli Trottatori Italiani solamente i soggetti iscritti al Libro Genealogico del Cavallo Trottatore Italiano nati ed allevati in un Paese della Unione Europea».
Sempre in tema di parole in libertà vorrei citare una seconda chicca: «Basterà come è accaduto finora per il trotto la difesa che si basa sull'esistenza di stud-book nazionali?». E perché non dovrebbe bastare? Non è mica una invenzione casalinga del settore trotto, come forse la regola dei 30 giorni cassata, ma una ben precisa condizione prevista dalle direttive comunitarie che il trotto ha perseguito e applicato. La materia è chiaramente regolata sin dal 1980 con la direttiva comunitaria n. 428/80 CEE che fissa le condizioni di partecipazione degli equini ai concorsi, che non deve assolutamente riportare condizioni diverse per cavalli nati in altri paesi europei, salvo alcune eccezioni, altrimenti regolamentate, come quella di un Libro Genealogico Nazionale, che ovviamente non può essere la foglia di fico per impedire la partecipazione a corse a cavalli provenienti dallUnione Europea, salvo ovviamente le regole di iscrizione ai Libri Genealogici, ma niente più. Nel pieno rispetto di queste norme qualunque cittadino europeo può allevare cavalli trottatori italiani e, partecipare alle stesse identiche condizioni a corse in Italia, non solo, anche le provvidenze sono nella disponibilità di ogni allevatore europeo, come del resto chiaramente previsto dal regolamento Corse allarticolo 30, VI cpv: «Al fine dei benefici economici per gli interventi di cui ai piani delle provvidenze per lallevamento, i prodotti denominati Cavalli Trottatori Italiani dovranno essere iscritti nel Libro Genealogico del Cavallo Trottatore Italiano». E intuitivo, e non occorre essere dei giuristi, per comprendere che ove così non fosse, gli eventuali interventi di cui ai piani delle provvidenze sarebbero da considerare alla stregua di aiuti di Stato, assolutamente proibiti dalle regole comunitarie. Per il settore galoppo aver potuto beneficiare per anni di aiuti esclusivamente dedicati agli allevatori italiani è stato, da una parte un fatto sicuramente positivo per lallevamento in generale, ma illudersi che la cuccagna potesse durare allinfinito, mi pare francamente sorprendente.
*Presidente Anact (Associazione nazionale allevatori cavallo trottatore)
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