RomaChe fare? Se lo chiedeva Lenin, se lo domandano anche Giorgio Napolitano, Gianfranco Fini e Gianni Letta, riuniti in mattinata per una decina di minuti nellufficio del presidente della Camera. Il capo dello Stato appare «preoccupato e contrariato» per la piega che stanno prendendo gli avvenimenti. Fini si lascia andare a qualche commento amaro, del tipo: «La politica ha fatto una figuraccia». Letta, come al solito, invita da avere pazienza: «Aspettiamo che le bocce siamo ferme». Cioè, che sulle liste romane del Pdl si pronunci eventualmente il Consiglio di Stato. Ma su una cosa sembrano tutti e tre daccordo: un rinvio delle elezioni appare impraticabile, visto che manca la condizione principale, un accordo politico tra i due schieramenti.
Ufficialmente, è solo uno scambio di saluti, un rito protocollare come tanti altri in occasioni analoghe, che per di più avviene di fronte a una frotta di consiglieri e di funzionari. «Un incontro previsto dal cerimoniale», spiegano a Montecitorio. In realtà si tratta di un vertice, improvvisato e brevissimo, ma vero. Un veloce punto della situazione, da cui emerge la volontà generale di non forzare ancora le cose per evitare «ulteriori rotture parlamentari». Oltre alle regionali, cè infatti molta carne al fuoco, a cominciare dalla legge sul legittimo impedimento che sta provocando altre tensioni.
Napolitano, dopo la sovraesposizione, e le polemiche, dei giorni scorsi, vuole adesso assumere una posizione più defilata. In questo senso va letta la piccata nota ufficiosa che in serata viene diffusa dal Colle per smentire alcuni restroscena. «Si continuano a leggere su alcuni giornali e agenzie di stampa, con ripercussioni anche nel dibattito politico-istituzionale, ricostruzioni per tanti aspetti inconsistenti, se non fantasiose, dellincontro svoltosi nella sera del quattro marzo al Quirinale». Era la sera del duro faccia a faccia con Silvio Berlusconi, concluso con il ritiro della prima bozza di decreto preparata dal governo, sostituita il giorno dopo dal testo che poi il capo dello Stato ha firmato.
Ebbene, si legge nel comunicato, «il presidente della Repubblica nella risposta a due cittadini pubblicata sabato scorso sul sito web del Quirinale ha esposto i termini corretti degli eventi e delle relative problematiche, proprio per non alterare la serena e consapevole valutazione dellintera vicenda». Su internet Napolitano aveva definito «teso» il colloquio con il Cavaliere e «spinosa» la questione. Si era parlato di toni accesi, di liti, di bracci di ferro, addirittura di minacce di ricorrere alla Corte costituzionale per un conflitto di attribuzione. Tutte cose che, se sono avvenute, sono state poi evidentemente superate il giorno dopo, quando il capo dello Stato ha avuto nelle mani il decreto definitivo e lo ha siglato perchè «non ho trovato a mio avviso evidenti vizi di costituzionalità». Ma perchè Napolitano ha voluto puntualizzare così? Forse vuole ridurre le distanze con Palazzo Chigi. O forse si è infastidito perchè lIdv ha sfruttato polemicamente la tensione di giovedì, chiedendo di «fare luce su quelle minacce».
E adesso? Adesso il Colle vorrebbe restare in silenzio, in attesa dellultima sentenza.
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