E il Parlamento paga ancora i portaborse del Psi

Sprechi da Prima repubblica. La denuncia del senatore Ichino: a Palazzo Madama quaranta stipendi da 10mila euro

E il Parlamento paga ancora i portaborse del Psi

Un nuovo capitolo si apre nel libro nero dei costi della politica. Riguarda i collaboratori dei parlamentari e dei loro gruppi. Il senatore democratico Piero Ichino ha scoperto che le Camere continuano ancora a pagare i vecchi collaboratori dei partiti estinti, come Dc e Psi. Soltanto al Senato ognuno di questi portaborse, in tutto una quarantina, costa al bilancio di Palazzo Madama in media 10mila euro al mese. Molti neppure lavorano. La cosa si trascina dalla stagione di Mani pulite, cioè quasi vent’anni.
In altre nazioni tutto ciò non potrebbe succedere. I collaboratori dei parlamentari vengono assunti dal soggetto pubblico: in Gran Bretagna da un’agenzia indipendente, in Germania dal Bundestag, all’Europarlamento direttamente dall’amministrazione. Il deputato non interviene. In Italia invece il parlamentare riceve per i portaborse 4mila euro che non deve rendicontare: spesso i collaboratori vengono presi in nero e pagati quattro soldi, con gravi disparità rispetto ai dipendenti dei gruppi parlamentari. Ichino ha scoperto un nuovo buco in questa giungla senza regole, che nel suo blog ha definito «l’eredità dei partiti defunti».
Si tratta di questo. Una delibera della presidenza del Senato che risale al 1993 prevede che i dipendenti delle formazioni estinte vengano riassorbiti da altri gruppi, con un rimborso mensile per ciascun portaborse che mediamente si aggira sui 10mila euro a carico di Palazzo Madama. La disposizione fu varata nella stagione del passaggio di consegne tra Pci e Pds, e della progressiva estinzione di Dc, Psi e partiti laici minori, ma non ha perso efficacia con la sparizione di Rifondazione, Verdi, Msi, e anche Pds e Ds.
Ichino, che è uno dei massimi esperti di diritto del lavoro, è intervenuto in Aula a metà giugno per portare alla luce questa situazione e il 27 luglio ha scritto una lettera al presidente Renato Schifani e a tutti i membri del gruppo Pd al Senato. Il tema è di estrema attualità in quanto le Camere stanno discutendo dei tagli al personale dei partiti in rapporto al regime economico praticato all’estero, compresi rimborsi spese e assunzioni. Il bilancio 2011-13 del Senato, secondo Ichino, prevede risparmi nell’infinitesimale misura dello 0,34 per cento. Ma la voce «trasferimenti ai gruppi parlamentari» aumenta da 6,9 a 7,3 milioni di euro, e così pure il capitolo «contributo per il personale dei gruppi», che sale da 12,96 a 14,05 milioni. È in questo paragrafo che si nascondono i rimborsi forfettari di 10mila euro mensili ai portaborse dei partiti che non esistono più da vent’anni, di cui Ichino denuncia «l’incongruità e l’assoluta opacità».
Ora alcuni parlamentari del Pd hanno presentato un ordine del giorno in cui chiedono di abrogare la delibera presidenziale del 1993 per impedire «l’assegnazione ai gruppi di finanziamenti aggiuntivi in funzione dell’assorbimento del personale già dipendente di gruppi estinti».
In base ai dati forniti dalla Stampa, il gruppo dei senatori Pdl dovrebbe disporre di 21 dipendenti pagati da Palazzo Madama mentre ne ha 30; il Pd 18 invece di 24; la Lega 9 (ne ha a disposizione 10); il gruppo Udc-Svp-Autonomie 7 e non 12; l’Italia dei Valori vedrebbe addirittura dimezzato il proprio personale, che scenderebbe da 12 a 6.

Infine il gruppo misto: esso è composto da 21 senatori e attualmente ha a libro paga 21 portaborse (uno per ogni parlamentare) mentre senza la leggina del ’93 dovrebbe contare su 8 dipendenti. Per Ichino, molti di costoro nemmeno lavorano: «Risultano diversi casi di persone che, pur ricevendo regolarmente da anni lo stipendio, non mettono piede in ufficio».

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