Politica

E la piazza lo insulta: «Mangiacicoria»

Il leader della Margherita arriva sorridendo. Poi si scatena l’inferno: «Vattene, mascalzone»

Luca Telese

da Roma

«Ci-co-rio-ne! Ci-co-rio-ne!». Ma anche: «Vattene da Follini!», «Vergognati. Scemo!». Ed ovviamente: «Mascalzone, buffone!», «Magnate la cicoria». Per chiudere con il felicissimo conio romanesco: «A Rutè! La cicoria vattela a riccoje a la Caffarelletta!» (che a Roma è un parco molto selvatico e popolare). Sì, l’annunciata contestazione contro Francesco Rutelli a Piazza Santi Apostoli c’è stata - folclore compreso - con tanto di pane e companatico, verdure e farinacei esibiti con minaccioso cipiglio. Ma nulla è andato come sembrava, e nulla è stato scontato, anzi.
E bisognerebbe anche spiegare - per citare i precedenti più emblematici degli ultimi anni - che le monetine al Raphael contro Bettino Craxi, i girotondi davanti a Botteghe Oscure contro lo scioglimento del Pci o la chiusura dell’Unità, e i fischi di piazza Navona contro Rutelli e Fassino erano tutta un’altra cosa: che qui l’umor nero della contestazione non è mai riuscito a farsi dramma, una scapigliatura che non diventerà mai storia. In realtà, è stato un match giocato in due tempi, Ulivisti contro Margheritisti, con colpi di scena e ribaltamenti di fronte che nemmeno Italia-Germania 4 a 3. Nel primo tempo, per esempio, stravince l’accoppiata Marini-Rutelli. In primo luogo perché nessuno riesce a capire quanti siano davvero i «cittadini per l’Ulivo» che hanno convocato il sit-in. Sarà che molti ancora lavorano, ma alle tre, quando arrivano i leader del centrosinistra, nella piazza di Santi Apostoli ci saranno sì e no una cinquantina di militanti, gli altri - la maggioranza - sono giornalisti o agenti in borghese. Il problema, però, non sono i numeri: è il tono. Quando arrivano, Rutelli e Marini sono sicuri e sorridenti, certi di avere in pugno la situazione, a loro agio e persino gigioni. Il primo - addirittura - si ferma due volte, come dire: se dovete tirarmi qualcosa fatelo. Non lo fa nessuno: il suo ingresso nel portone è un piccolo trionfo. Poi arriva Marini e fa tre a zero. La polizia vorrebbe allontanarlo dai manifestanti? Macché, lui li va a cercare uno a uno: «Voglio spiegare... voglio sentire...». Gli si fa incontro una vecchietta che lo accusa di complottare contro Prodi, lui la mette ko: «Ma come! Antiulivista a me che ho cacciato Buttiglione dal Ppi? Non posso accettarlo, siamo tutti amici, e vogliamo tutti vincere». Quella risponde: «Sì, è vero ma...». Troppo tardi. Ecco un altro, più agguerrito: «Volete indebolire Prodi!». E lui: «Ma scusa! In Abruzzo quelli del centrodestra li abbiamo sdrenati. Con la lista ulivista abbiamo preso il 28%, divisi il 40. Non vuoi vincere pure tu?». Avanti un altro, ma ti accorgi che nell’aria manca qualcosa di più, adrenalina.
All’uscita, però, i ruoli si ribaltano. I prodiani, dopo una lunga attesa, è ancora meno. Ma gli umori sono esasperati: gli ulivisti che hanno atteso in strada hanno appreso via via che Prodi ha minacciato di dimettersi, che il Professore ha detto o la lista o nulla. Così, quando Rutelli esce, le stesse identiche parole di prima gli piovono in faccia come ceffoni «Ci-co-rio-ne!», «Buffone!», «Venduto!». Ora anche la faccia di Rutelli sembra una maschera di sale, anche Marini non vuole più «dialogare con gli amici», solo salire sulla blindata con Rutelli e andar via. Non passerà alla storia.

Ma anche una piazzetta può far male.

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