E il Professore applaude: «Pluralismo garantito ci confronteremo in Aula»

Prodi: «È una buona riforma che pone rimedio a un vulnus tecnico e giuridico». Russo Spena (Prc): «Berlusconi si è fatto una legge su misura e ora si lamenta...»

da Roma

Macchè banditismo, ma quale vendetta. Quella di Gentiloni, si difende Romano Prodi, «è una buona riforma che pone rimedio a un vulnus non solo tecnico ma anche giuridico rilevato sia dal garante per le telecomunicazioni che dalla Corte Costituzionale». L’opposizione attacca, Silvio Berlusconi si chiede «se c’è ancora la democrazia in Italia» ma il presidente del Consiglio respinge le accuse al mittente: «È un provvedimento di liberalizzazione in un settore importante nella vita del Paese che soddisfa le esigenze di pluralismo e concorrenza nel mondo delle tv». E non sarà, promette, un testo blindato: «Come ogni disegno di legge sarà oggetto di un approfondito e doverosamente ampio confronto in Parlamento. Per questo ho condiviso i tempi e i modi della proposta del ministro Gentiloni».
Un’aggressione? No, secondo Enrico Letta il ddl del ministro delle Comunicazioni «è molto equilibrato». Addirittura «è un testo di apertura», aggiunge il sottosegretario alla presidenza, che chiede alla Cdl di accettare «il dibattito perché la discussione che si aprirà andrà sicuramente a migliorare la situazione esistente». Pure Vannino Chiti, ministro dei Rapporti con il Parlamento, invita «al confronto» l’opposizione. «Mi auguro che i vittimismi e le alzate di scudi che ho visto finora vengano sostituiti da contributi seri, perché questa non è una legge punitiva, ma rigorosa. Il nostro obbiettivo è liberalizzare il sistema». E Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori dell’Ulivo, precisa: «Potevamo adottare un decreto. Se abbiamo scelto di presentate un ddl è proprio perché riteniamo più utile uno scambio di idee».
Fin qui l’ala dialogante della maggioranza. Di tutt’altro tono invece le parole di Antonio Di Pietro, che preferisce ribattere così agli attacchi di Berlusconi: «Bandito è chi ripristina la legge o chi per anni l’ha infranta, violando indebitamente una sentenza della Corte Costituzionale?». Per Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione a Palazzo Madama, il «problema» italiano è il Cavaliere. «Il capo dell’opposizione - afferma - è sceso in politica proprio per impedire qualsiasi intervento che minasse la sua posizione egemone nel sistema televisivo. Quando è stato al potere si è fatto una legge su misura, ora si dipinge come una vittima per evitare che le norme vengano modificate. Sono strepiti del tutto infondati. Non c’è nessuna intenzione di penalizzare il leader della Cdl, ma solo di sbloccare il sistema televisivo».
Renzo Lusetti, responsabile informazione della Margherita, non capisce «perché il centrodestra continua a parlare solo di Mediaset quando il trasferimento di una rete analogica sul digitale riguarda anche la Rai». «La verità - insiste - è che i signori della Cdl, attaccando la riforma, denunciano i reali interessi del loro leader, tenere in pugno il sistema radiotelevisivo del Paese. Poco importa se a pagarne le conseguenze sono i cittadini ai quali viene imposto un mercato ingessato e lontano anni luce dalla concorrenza reale».
«Regime, Stato di polizia, brogli. Ormai siamo al delirio - dice Pino Sgobio, capogruppo Pdci alla Camera -. Le frasi dell’ex premier sono di una gravità assoluta». Per Pietro Folena, Prc, «questa è una legge attesa da tempo, è la risposta all’esigenza di tutelare il pluralismo imposta dalla Costituzione, è una norma che risponde ai principi liberale e europei e che consentirà di tutelare l’emittenza locale».

Per Alfonso Pecoraro Scanio «la riforma non vuole penalizzare nessuno ma soltanto riportare il settore all’interno della legalità, come imponevano sentenze europee e della Consulta». E per il ds Roberto Cuillo «la nuova proposta di disciplina si propone di modernizzare il sistema e di offrire a tutti gli operatori condizioni migliori per la loro attività».

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