E "Repubblica" s’inventa una minchiata mai detta: Silvio e Dell'Utri stragisti

E "Repubblica" s’inventa una minchiata mai detta: Silvio e Dell'Utri stragisti

Altro che mandante esterno, suggeritore, o oscuro burattinaio. Silvio Berlusconi, e con lui il «gemello del male» Marcello Dell’Utri, è il responsabile delle stragi. Anzi, di tutte le stragi del biennio ’92-93. Capaci e via d’Amelio, ovvero Falcone e Borsellino, più tutto l’impressionante crescendo di sangue del ’93. Non lo sapevamo, ma adesso ce lo dice a caratteri cubitali, in prima pagina, Repubblica che, più abile di un rabdomante, ha afferrato, ammesso che esista, lo Spatuzza-pensiero, ascoltato l’altro ieri nell’aula del Tribunale di Torino. E ce lo ha messo fra virgolette: «Berlusconi e Dell’Utri sono i responsabili delle stragi del ’92-93».
Peccato che nessuno abbia sentito la frasetta, una cosuccia da nulla: né i giudici, né il pubblico ministero - che per la verità interrompeva di continuo il pentito ripetendo «Scusi, non ho capito bene» - e nemmeno i 200 e passa giornalisti accreditati da tutto il mondo.
Tutti sordi. Tutti con i riflessi allentati. Tutti incapaci di cogliere quel che Giuseppe D’Avanzo, inviato di punta del quotidiano romano, ha catturato sul suo taccuino. Beato lui. Anche se ora, lui, lui che è abituato a sfornare lenzuolate investigative, dovrà spiegarci come sia possibile che Berlusconi non solo abbia messo mano ai telecomandi del ’93 ma pure a quelli dell’estate dell’anno precedente. Che farà: retrodaterà la già retrodatata nascita di Forza Italia? Ci dirà che già nel ’92 il Cavaliere aveva in animo di tuffarsi nell’agone politico? Ma, poi, questi mafiosi, chi sono: una congrega di premi Nobel che scrutano il futuro con la sfera di cristallo in mano? Però, sono bravi quanto e più di quelli della Spectre, questi uomini d’onore. Questo Graviano deve essere come quello che nei film di James Bond accarezzava soddisfatto il gatto. Così ce l’ha presentato, dietro a un paravento, Gaspare Spatuzza. Intendiamoci, lo Spatuzza che abbiamo sentito noi. Dunque, arrivando al quadro centrale della sua storia d’Italia a fumetti, Spatuzza ci porta al bar Doney di Roma, in un giorno di gennaio del 1994. Giuseppe Graviano, stretto in un cappotto blu, era felice: «Come chi ha vinto al Lotto, o avuto un figlio». E perché era così euforico?
Semplice, Graviano aveva chiuso l’accordo col duo Berlusconi-Dell’Utri, però già che c’era, disse a Spatuzza di preparare un ultimo attentato, allo stadio Olimpico, per dare il colpo di grazia al potere romano. In verità il colpo di grazia lo diedero a lui: pochi giorni dopo il boss fu arrestato, insieme al fratello Filippo, e viene custodito al 41 bis.
Spatuzza non ha fornito un riscontro, una prova, una data chiara che sia una. Nulla. Spatuzza non faceva domande e nessuno gliele ha poste in aula a Torino. Del resto questo non è il processo per le bombe - ma quali poi?, tutte? - ma contro Marcello Dell’Utri, accusato del più ondivago e impalpabile dei reati, il concorso esterno che nel codice non c’è. Come dire, tutto o niente. E infatti stiamo incartando il nulla.
Spatuzza, questo Spatuzza, non sarebbe preso sul serio nemmeno in una striscia di Tex. Risolve il problema dei rapporti economici fra Cosa nostra e Arcore con una specie di sillogismo che non fa una piega: Berlusconi ha aperto la Standa, l’unica di Palermo, guarda caso a Brancaccio; i Graviano comandano a Brancaccio, quindi i due fanno affari insieme.
Che dire? Repubblica se la cava capovolgendo prima il mondo e poi il metodo investigativo: dev’essere Berlusconi a spiegare. A chiarire. A sciogliere i nodi. Se tace, allora vuol dire che è connivente, complice, bombarolo. Stragista con le mani sporche di sangue.
Noi, più modestamente, pensiamo che debbano essere i pentiti a fornire i riscontri delle fiction narrate in aula. Fiction noiose, anche perché manca il colpo di scena, un bacio fra Silvio e Graviano come quello fra Andreotti e Riina.
Ma forse è meglio rimanere con i piedi per terra. L’altra sera, persino dalla grande famiglia di Repubblica, dal sito Repubblica.it, hanno telefonato alla redazione di Radio Radicale che aveva trasmesso in diretta l’audizione di Spatuzza. Cercavano una frase ad effetto su Berlusconi e le bombe.

Non riuscivano a trovarla, per il semplice motivo che Spatuzza non l’aveva mai pronunciata. Perché pure ai fumetti c’è un limite.
Non importa. Quella frase Repubblica l’ha scovata lo stesso: D’Avanzo deve aver confessato Spatuzza, facendo concorrenza al vescovo dell’Aquila, dietro il paravento.

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