E Reuters rilancia l’ipotesi del Lingotto negli Usa

Fotografie di primavera: Sergio Marchionne abbraccia Lapo. Giorgio Napolitano stringe la mano di Lapo. A Torino sta per accadere qualcosa di nuovo. Qualcosa è già accaduto. Un nome basta e avanza, dici e scrivi Lapo, senza cognome, e racconti una storia, dopo aver risfogliato la cronaca. Lapo Edward Elkann, dunque, di anni trentatre, di nuovo a casa madre, presidente del Museo dell’automobile di Torino, per rivedere la collina e il Po, laddove quattro anni orsono, era il giorno quattro di luglio del duemila e sette, le anime candide di Fiat decisero di non invitare alla presentazione spettacolare della nuova 500 il giovane «ispiratore» della stessa, a causa dei fatti e dei misfatti di cui era stato protagonista, nell’ottobre di due anni prima.
Cinquecento meno uno, così scrissi per sottolineare l’assenza e il silenzio degli innocenti sul tema ancora caldo. Lapo tornò a essere Lapo Rossi, con il cognome fasullo che si era scelto per lavorare alla Piaggio di Pontedera, come da repertorio di famiglia. Uno qualunque, un anonimo, uno scomodo, di passaggio, messo alla porta, diavolo tra angeli, vergogna di un’azienda che ha avuto soltanto esempi illustri di comportamento etico.
Questo il volantinaggio torinese, il giovane figlio di Margherita aveva concluso la sua avventura prima ancora di incominciarla, cancellato il suo ruolo in Fiat, smantellato l’ufficio, trasferite le competenze e spedito lo stesso rampollo a bonificarsi all’estero. Va da sé che in questo Paese di saldissima moralità, Lapo Elkann sia diventato il trastullo di molti, il personaggio da gag come il suo stesso frasario italiano a volte suggeriva e, ancora, suggerisce. Ma le fotografie della scorsa settimana, le immagini dell’incontro affettuoso con il vero capo, non scrivo apposta «padrone», di Fiat, la stretta di mano con il presidente della Repubblica, nel sito del Museo dell’automobile, non rappresentano un semplice fotogramma giornalistico, tra l’altro tenuto sotto traccia, come era prevedibile, per non titillare troppo le anime candide di cui sopra. È il segnale che Lapo Elkann è tornato ad avere un ruolo pubblico, di margine per ora, una presenza ufficiale, di protocollo.
Lapo e l’automobile, in breve. Elkann è un imprenditore che sta lavorando in aziende «personali», di sua creazione: una di queste, Italia Independent, nel mondo della moda e della creatività, porta come data di fondazione proprio quel quattro di luglio del duemila e sette, il giorno degli smemorati e dei puri.
Resta sempre aperto e forte il legame con la famiglia, con il fratello John Yacob, nonostante voci maligne riferiscano di una divergenza tra i due, con la sorella Ginevra e con il cugino Andrea, con il quale condivide la passione per la Juventus che non è, invece, la priorità di interesse e di amore per l’ingegnere Elkann, vero dominus anche dell’affannato e indebitato club calcistico.
Lapo ha suggerito a Frida Giannini, direttore creativo di Gucci, l’abbinamento tra la storica casa di moda e il nuovo modello 500 by Gucci, così come lo stesso Lapo offre la propria consulenza alla Ferrari. Proprio su questa voce si può aprire lo scenario del futuro, Maranello, la scuderia e l’azienda che Luca Cordero di Montezemolo ha riportato a una luce mondiale, non soltanto per i successi sportivi ma per la dimensione imprenditoriale. Nessuna proposta ufficiale, nessun accordo, ma la sensazione, forse qualcosa di più sostanzioso di una sensazione, che Elkann possa essere destinato ad assumere il ruolo principale della casa più affascinante del mondo automobilistico internazionale, considerati anche gli impegni diversi che Cordero di Montezemolo (nel frattempo il suo rapporto con Maranello è stato prolungato di un triennio, così come è vero che la sua uscita da Fiat sia avvenuta in anticipo) ha assunto e andrà ad assumere.
Per il momento Elkann è un osservatore, coinvolto nelle proprie imprese, vicino alla storia della famiglia ma attento a non correre in avanti, conoscendo i pericoli e gli ostacoli «ambientali» che troverebbe sul cammino e che ha già sperimentato. «Il caso, che distribuisce le carte per il poker della vita, a me ha dato una scala reale. Ma se non la so giocare, posso perdere tutto alle prime mani. Per questo ho cominciato a smazzare molto presto».

Le parole sono sue, risalgono a una intervista di alcuni anni fa. Il tavolo da gioco è di nuovo pronto. Non è più necessaria una scala reale. A volte si può incominciare a vincere anche con una coppia di sette. L’abbraccio con Sergio Marchionne non è soltanto una fotografia.

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