E Romano si riavvicina a Dini: per le pensioni risorse limitate

da Roma

Per la modifica dello scalone pensionistico «si parte dalla copertura finanziaria: io metto a disposizione le risorse possibili, e debbo tener conto dello sviluppo di lungo periodo del Paese». Romano Prodi lancia un messaggio di segno rigorista, opposto a quello che tante polemiche aveva provocato, la settimana scorsa, nella maggioranza. Lamberto Dini ora plaude: «È tanto che chiediamo al premier di non fare controriforme, accrescendo i costi del sistema previdenziale». Sta prevalendo allora l’ala centrista, come paventano i rifondatori Paolo Ferrero e Giovanni Russo Spena? «L’accordo è vicino, se i moderati non l’ostacolano», dice quest’ultimo. «Dichiarazioni patetiche, la realtà è che non c’è una proposta concreta», ribatte il segretario Udc, Lorenzo Cesa.
Coefficienti in campo. Il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha incontrato ieri i sindacati per fare il punto della situazione. Gli incontri tecnici proseguiranno domani, mentre alla Ragioneria dello Stato si spulciano i conti per reperire le risorse - si parla di un miliardo o due, dipende dalle tecnicalità della proposta sullo scalone - da mettere sul tavolo della trattativa. La novità dell’ultima ora riguarderebbe il taglio dei coefficienti di rivalutazione delle pensioni (previsto dalla riforma Dini), che verrebbe legato a nuovi parametri: effettiva crescita dell’economia, flussi migratori, allungamento dell’aspettativa di vita, crescita dell’occupazione femminile. «Sui coefficienti, siamo rimasti alla commissione tecnica di verifica che esaminerà la situazione dopo l’accordo sullo scalone», dicono però fonti della Cisl.
Quote e scalini. Quanto allo scalone, si affinano le due soluzioni sostitutive rimaste in campo: due scalini a 58 e 59 anni nel 2008 e nel 2009, seguiti dal sistema delle quote (età anagrafica più anni di contribuzione) dal 2010; oppure soltanto quote a partire dal 2008, con «quota 95» (ad esempio 58 anni d’età e 37 annualità di contributi, oppure 59 anni più 36 e così via). In quest’ultimo caso, è di particolare rilevanza la lista dei lavori usuranti che consentirà ai lavoratori inclusi di andare in pensione con i parametri che la riforma Maroni abroga a partire dal 1° gennaio, 57 anni d’età più 35 di contributi. Certo, più la lista s’allunga, più crescono i costi. Ed ecco allora che spuntano i risparmi alternativi, che in realtà sono aggravi: contributi di solidarietà sulle pensioni più ricche, aumento graduale del pensionamento di vecchiaia per le donne. Infine, la cosiddetta clausola di salvaguardia richiesta dal ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa: se i conti non tornassero, dovrebbe aumentare automaticamente l’età pensionabile.
Cgil: proposta subito. La settimana che incomincia domani con un nuovo incontro tecnico fra Damiano e i sindacati, potrebbe dunque essere l’ultima utile per la presentazione di una proposta, che sarà poi discussa e inserita nella Finanziaria. La lunga attesa ha fatto precipitare la Cgil sull’orlo della crisi di nervi. «È arrivato il momento che Prodi avanzi la sua proposta - attacca il segretario Guglielmo Epifani - perché non si fa il negoziato coi lavoratori in ferie e i negozi chiusi. Questa è la settimana decisiva: aspettiamo una proposta che sia rispettosa delle posizioni del sindacato». Epifani deve fare i conti con la sinistra interna, che accusa Prodi di non modificare sostanzialmente lo scalone Maroni presentando una proposta che, secondo il leader metalmeccanico Giorgio Cremaschi, «alza l’età pensionabile, predispone un taglio dei coefficienti, conferma e consolida la legge 30 (la Biagi, ndr)».

Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni si augura che la contesa politica intorno alle pensioni «non danneggi la gente»; mentre Luigi Angeletti, segretario della Uil, avrebbe preferito gli incentivi agli scalini e alle quote.

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