E la Signora d’Italia sprofondò fra i dannati

Riccardo Signori

da Roma

Mai retrocessi! Era un ritornello spocchioso che faceva torcere le budella a tanti. Tranne che all’Inter. Ma tanto l’Inter era quella del «non vincete mai». E loro quelli del «vinciamo sempre noi». E adesso? Adesso l’Italia ha due facce. Quella con un sorriso largo così e quella con il muso di chi ha preso la stangata in faccia. E non era abituato. L’Italia della Juve e l’Italia degli altri. L’Italia che ha sofferto quel colore bianconero che spesso si trasformava in bianconeuro. E l’Italia che ti sorrideva dietro il gonfalone di una corte sabauda. L’Italia dei re e l’Italia degli avvocati. Dicevi Juve e ripassavi la lezione, come sfogliassi l’album delle figurine: Muccinelli e Hansen, Boniperti e Charles, Agnelli e Platini, Catella, Sivori, Trapattoni, Bettega, Zoff, Cabrini, Lippi, Zidane, Buffon, Moggi e Giraudo. La Signora che aveva lo stile, ma alla lunga ha perso lo stilista. Era la squadra che faceva impazzire il tifo dell’Italia del Sud, della gente delle Isole e faceva innervosire le grandi del Nord.
La Juve era il fascino del potere e, qualche volta, dello strapotere. Pensavi Juve e si apriva un mondo. Dicevi Juve e sapevi che qualcuno, prima o poi, ti ripeteva: l’unica squadra con l’Inter a non essere mai retrocessa. Dev’essere il destino dei nostri grandi club: finire in B per lesa maestà dell’onestà. Storie che, con il calcio, c’entrano poco. Forse l’unico sollievo per i tifosi di ieri (quelli del Milan) e quelli di oggi (di fede bianconera). Nel libro della storia queste retrocessioni non si cancellano mai. Non basta più vincere, risollevarsi, ritrovare splendori e nobiltà sul campo di gioco. Ora la Juve è come le altre, forse peggio. Anche stavolta la Signora ha fatto le cose in grande: due scudetti. E chi mai se li è visti strappare dalla maglia e dalla bacheca? La Juve ce l’ha fatta. Forse sarà un modo per sentirsi davvero più leggeri. Oggi resterà solo la faccia di Didier Deschamps a ricordare quel «c’era una volta la Juve». Sarà lui a gestire la novità assoluta: giocare nell’inferno degli altri. E sapere che il Paradiso può attendere.
È finita un’era, si è dissolto un mondo, perfino i ricordi saranno da distillare. Chi mai potrà più raccontare di quella Juve così perfetta e così poco perfettibile che vinceva gli scudetti e non mandava in rosso i bilanci. Eravamo tutti affascinati e un po’ deviati: insomma avevamo capito poco. Ma bastava un sorriso allusivo di Moggi e un ringhio di Giraudo per dire: questa è la Juve, la signora omicidi, quella che non perdona. Juve e arbitri è sempre stato connubio di successo. Poco contavano le maledizioni che arrivavano da tutta Italia. Oggi ci vorrebbe una battuta dell’avvocato Prisco, l’uomo che più di tutti ha creduto e sperato di vedere, un giorno, la Juve in serie B. Essere uomini di sport significa anche sperare e pensare che la Juve sia una squadra che può vincere e può perdere. Certo, c’è stata la Juve di Trapattoni e quella di Maifredi, la Juve che inseguiva scudetti e quella che li raccoglieva con facilità sospetta. C’è stata la Juve caduta nel tranello voluto dal cielo di Perugia e da qualche furbacchione e quella spinta dalla lunga mano della cupola.
Ma per quanto se ne parli male, non bisogna mai dimenticare che in campo vanno i giocatori: otto della finale mondiale erano e sono juventini, e così pure tanti altri nel mondo, nella storia, nell’album delle figurine. Quella era Juve, più di questa finita nel cestino delle immondizie, nel girone dei dannati. Il calcio ha insegnato anche a lei che nessuno è intoccabile, c’è sempre una buccia di banana sulla quale scivolare.
Da oggi la Juve scoprirà un’altra Italia.

Quella dove andava a giocare solo per un’amichevole precampionato, per dispensare il suo verbo calcistico e celebrare una festa, per soddisfare uno sponsor. Non ci sarà serie B per il tifo bianconero e forse è questa l’unica retrocessione che la Juve non subirà mai.

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