E un sindaco rosso imita lo sceriffo leghista Gentilini

Guido Mattioni

Si era immerso nelle acque del Canal Grande il 18 aprile scorso. Furioso, d'umore nero. Ed era rimasto là sotto per mesi e mesi, a rodersi dentro e a ingoiare l'amaro sapore della vendetta. Nemmeno i botti gioiosi della festa del Redentore, il 16 luglio, lo avevano spinto a riemergere. Si è dovuto attendere fino al 4 agosto, quando il «Gran Bisato della Laguna rossa» (o più italianamente l'anguillone del rancore diessino) è riemerso con un rabbioso colpo di coda. A finire sotto schiaffo sono stati nove dirigenti della Quercia veneziana, minacciati di espulsione dal partito per aver appoggiato al ballottaggio per la poltrona di sindaco, quel 18 aprile scorso, il filosofo Massimo Cacciari, esponente della Margherita, dirottando su di lui i suffragi che a onor di schieramento sarebbero dovuti andare al candidato della sinistra più estrema, il magistrato Felice Casson. Decretando così, con l'artifizio del voto disgiunto (uno alla lista Ds e uno al candidato) la sconfitta di quest'ultimo e la vittoria del primo. Chi ha acceso la miccia si è appellato all'articolo 23 dello statuto: «L'iscrizione al partito è incompatibile con il sostegno a liste non sostenute dal partito». Miccia tuttavia corta, pericolosa, che sa di antiche purghe politiche e che ha spinto ben 184 iscritti veneti a minacciare l'autosospensione dai Ds nel caso in cui la cacciata dei nove «disgiunti» (così li chiamano) divenisse realtà. Miccia che lo stesso segretario Pietro Fassino, in evidente imbarazzo, ha cercato di spegnere definendola «superata», esortando piuttosto «a guardare avanti». Imitato anche da Lalla Trupia, numero uno della Commissione nazionale di disciplina del partito, che ha smentito l'esistenza normativa della fattispecie dell'espulsione. Al limite «ci potrebbe essere una sospensione», dal momento che «lo statuto non è uno strumento da Soviet supremo». Ma tant'è, il meccanismo disciplinare è in moto e ora è difficile arrestarlo. Ad ammetterlo è lo stesso presidente della Commissione di garanzia dei Ds veneziani, Franco Zezza, consigliere comunale di Chioggia, che dice di trovarsi nelle stesse condizioni di un procuratore davanti a una notitia criminis: costretto cioè a procedere dall'obbligatorietà dell'azione penale. Le richieste di sanzioni, precisa, «sono venute da numerose organizzazioni di partito e da diverse sezioni, ma anche da singoli compagni». Lui e i quattro colleghi della Commissione stanno stilando ora le loro conclusioni in merito, che poi comunicheranno «probabilmente già questo martedì, o mercoledì» al segretario provinciale Michele Mognato. «Che poi - aggiunge Zezza - deciderà il percorso da seguire». Mognato, pur premettendo di auspicare «una soluzione politica alla vicenda», ieri ha però anche ribadito come «nel partito ogni organismo ha la sua autonomia e che la commissione di disciplina è prevista dalle nostre regole interne». Aggiungendo con evidente tono polemico che accanto a chi ha appoggiato Cacciari e oltre ai 184 iscritti che minacciano di autosospendersi, «nel partito c'è anche chi chiede il rispetto delle regole. Io come segretario sento forte la responsabilità per il partito. La sentano anche gli altri». Venezia, intanto, osserva dai suoi ponti lo scorrere degli eventi, declinando pareri e stati d'animo. Con l'ironia divertita di chi si limita a godersi lo spettacolo o con il candido cinismo di chi sostiene che in fondo questa altro non è che una resa dei conti in vista della composizione delle liste per le prossime politiche e per ripartire le nomine ancora in sospeso in alcuni enti locali. Quanto a Cacciari, ha liquidato subito la minaccia di espulsione dei nove come l'iniziativa di «qualche cretino», cioè come qualcosa che «se non è da piangere, è da ridere». Suscitando però la reazione del compagno Zezza che (per dirla dell'armonia che regna nella sinistra lagunare) ha replicato: «Quando i lupi latrano, i saggi tacciano». Ma un altro Serenissimo doc, Renato Brunetta, non ha dubbi. «Questa è l'offensiva del partito degli stalinisti contro quello dei democratici; del partito dei giudici contro chi invece pensa che la politica abbia ancora una dignità», taglia corto l'europarlamentare di Forza Italia che dice di schierarsi ovviamente dalla parte degli espellendi. «Che tuttavia non saranno espulsi.

Perché alla fine - prevede - tutto si risolverà in un embrasson nous senza vittime, con Verdi e no global fatti entrare in maggioranza. Tutti insieme appassionatamente verso le elezioni. Anche se con questa legge elettorale qualche tensione all'interno dello schieramento sarà un'ipotesi da non escludere».

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