E a sinistra il Cinese diventa il Cileno

La stampa rossa scarica Cofferati. Per «Liberazione» è «uno stalinista». «Il manifesto» lo paragona a Pinochet

Emanuela Fontana

da Roma

Se un tempo era il Lula «de noantri» ora è «l’esempio lampante di cos’è lo stalinismo moderno» (Liberazione). Se appena due anni fa era stato scelto per la prefazione del libro su Salvador Allende «11 settembre 1973», ora gli viene gettata addosso l’ombra del golpista Pinochet: «E il cinese diventa il cileno» (il manifesto). Da illuminato di una nuova sinistra a reazionario conservatore.
Il più british tra i giornali di sinistra il giorno dopo la dura manifestazione studentesca di Bologna contro Sergio Cofferati alla fine è stata l’Unità. Eccezionalmente asettica nel titolo: «No global e studenti contro Cofferati, scontri al Comune». Molto morettiana nell’approfondimento sul sindaco: «La legalità è di destra o sinistra?».
Ma i giornali della sinistra radicale hanno completamente scaricato e trattato Cofferati come un Berlusconi. Non solo non gli perdonano la metamorfosi in fratello, o quantomeno cugino, di Rudolph Giuliani (il sindaco di New York della zero tollerance), ma lo mettono quasi alla berlina con titoli spesso sferzanti, dall’altare alla polvere, dimenticando l’incenso sparso in altri tempi.
A ciò si aggiunge l’imbarazzo, e il silenzio, degli (ex) fan del Cinese del Correntone. Nessuno di loro ha voluto parlare della situazione bolognese, come se si trattasse di un argomento pestifero, tranne un «fuoriuscito», che prima del Cofferati-sindaco era uno dei pupilli del Cinese, nonché suo compagno nell'ala a sinistra dei Ds. Pietro Folena ieri non aveva dubbi nel suo giudizio, e l’ha dichiarato: «È un grave errore di metodo rifiutare il dialogo e l’ascolto reciproco - ha sentenziato -. È frutto di un modo di governare troppo leaderistico e autocratico». Il deputato del Prc e un tempo delfino del Cinese anzi generalizza: «È un comportamento sbagliato e sintomatico della voglia di una certa sinistra di cavalcare la paura. Da Cofferati non me l’aspettavo». La stessa proiezione, anche se in toni più assolutori, l’ha proposta Il Riformista: quello che sta succedendo a Cofferati adesso potrebbe accadere a Prodi domani. E allora la sinistra deve togliersi il velo dell'anacronismo e guardare in faccia la dura realtà dei fatti, scrive in sostanza il quotidiano di Antonio Polito: «Le critiche rivolte a Cofferati - si legge - mostrano che una parte della sinistra ha delle difficoltà ad accettare l’idea che ci siano delle necessità del vivere comune che sono indipendenti dalla realizzazione degli obbiettivi di giustizia sociale».
Alla fine la domanda da salotto radical chic dell’Unità: «La legalità è di destra o di sinistra?», ha più che sfiorato il problema. Sul Riformista si legge ancora: «La certezza della legge, la sicurezza e la tranquillità vengono prima della giustizia distributiva».
Sicurezza e tranquillità «di tutti», non solo di occupanti di case e di richiedenti asilo è fair play, scrive Il Riformista, per un «realismo» che fa piuttosto a botte con le utopie di una sinistra sognante che predica porte aperte per tutti. E infatti fa a botte la posizione di Cofferati con buona parte della sinistra. Almeno a quanto si osserva sullo specchio di questa parte politica, ossia la stampa allineata.
Per Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, Cofferati è caduto nella trappola della «realpolitik» alla Celentano. Ma il problema è, scrive Sansonetti, che «la realpolitik è di destra».
Da qui il terrore per il futuro: «Cofferati è una parabola della sinistra che va al governo e che vede i problemi non più da un punto di vista dei governati ma dei governanti».
Il manifesto, invece, oltre a criticare i modi, bolla anche i tempi del neorealismo cofferatiano: fare lo sceriffo è fuori moda, è la tesi del foglio comunista. «Neppure l’ultimo dei “bru bru” sotto la Madonnina - si legge - userebbe i lavavetri per raccattare qualche decimale di consenso».
Solo il quotidiano della Margherita Europa lancia una proposta di coraggiosa realpolitik alla sinistra, Cofferati docet: «Le leggi sono uguali per tutti e al massimo dell’apertura corrisponde il massimo della responsabilità».

È la proposta di una nuova sinistra con i piedi per terra, lo spettro di quel «realismo» che potrebbe toccare a Prodi. Ma che, a guardare stampa e reazioni del dopo-Bologna, farebbe perdere all’Unione come minimo Rifondazione, Correntone e movimenti.

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