da Milano
Il governo Prodi alla vigilia di Natale aveva tolto di mezzo in fretta e furia il super investigatore contro la corruzione. Spoil system in salsa unionista per dare un posto di lavoro allex prefetto di Milano Bruno Ferrante. Sì, il governo voleva ridare una certezza, quella del 27 del mese, allex grand commis uscito sconfitto dalle amministrative milanesi dellanno scorso dove si era candidato per la sinistra.
Ma tra i velluti e gli stucchi di palazzo Fiano Perretti Ottoboni Almagià, prestigioso edificio ottocentesco a tre piani che si affaccia sulla romana piazza San Lorenzo in Lucina, Ferrante cè rimasto neppure sei mesi. Già, quellaiutino governativo - la poltrona di alto commissario anti-corruzione - ad arrivare alla fine del mese era, senza forse, insufficiente: così, due settimane fa Ferrante si è dimesso.
Nel futuro del cinquantanovenne ex prefetto - con alle spalle il tentativo fallito di imporsi come leader della sinistra al Comune di Milano - non cè però un domani da pensionato: non trascorrerà i pomeriggi tra i «cinquemila libri catalogati di persona» della sua dimora milanese, né frequenterà più assiduamente il personal trainer che lo aiuta a restare in forma e neanche metterà mano alla sua autobiografia - titolo provvisorio, Una vita dallInterno -. Lui, Ferrante, gettato nel cestino della carta straccia quel Dpr 22.01.07 del Consiglio dei ministri che lo nominava alto commissario anticorruzione nella pubblica amministrazione ha preferito il privato al pubblico: Impregilo gli ha offerto la carica di presidente di Fibe e Fibe Campania, che Ferrante, naturalmente, ha accettato senza battere ciglio.
Sì, avete letto bene: lex inquilino della prefettura milanese - quello che in campagna elettorale aveva tolto leskismo «ricordo di tante manifestazioni sessantottine» dalla naftalina per tentare di raccattare il voto dei pasdaran degli abracadabra del politicamente corretto - è il neopresidente di Fibe e Fibe Campania, le due società del principale gruppo italiano del settore opere pubbliche coinvolte nellinchiesta della procura di Napoli sulla gestione dei rifiuti.
Fibe e Fibe Campania devono rispondere infatti dellaccusa di aver gestito per anni un appalto che, secondo i giudici napoletani, «già sapevano di non poter rispettare». A causa di ciò, il gip presso il Tribunale di Napoli Rosanna Saraceno ha disposto nei confronti di Impregilo spa, Fibe spa, Fibe Campania spa e Fisia Italimpianti spa il sequestro cautelativo di 750 milioni di euro e inflitto unordinanza interdittiva che vieta alle due società del gruppo Impregilo di contrattare con la pubblica amministrazione «relativamente alle sole attività di smaltimento e recupero energetico dei rifiuti» per un anno.
E mentre i nuovi vertici del gruppo presentano istanza per uno «sconto» di 230 milioni di euro dellimporto sottoposto alla misura cautelare, sostenendo la necessità di salvaguardare «lesercizio vitale dellattività di impresa delle società coinvolte», lavvocato Alfonso Maria Stile, difensore di Impregilo, annota che «Impregilo è un gruppo molto grande, che ha moltissime attività: ad esempio, in Campania deve ancora completare il termovalorizzatore di Acerra». Come dire: «Se viene meno la disponibilità di denaro, le spese ricadranno sul Commissario, sullo Stato».
Annotazione che chiama in causa Alessandro Pansa, prefetto di Napoli, che il 7 luglio la presidenza del Consiglio ha nominato «commissario delegato per il superamento dellemergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania» in sostituzione di Guido Bertolaso, fatto fuori su diktat della sinistra radicale. È il prefetto Pansa linterlocutore - rispetto a Impregilo - dellex funzionario dello Stato, del Ferrante servant gradito al governo Prodi.
Rapporto già consolidato poiché Pansa conosce più che bene Ferrante: quando il primo era responsabile della direzione centrale per limmigrazione del Viminale, ricordano da Palazzo Diotti, sede della prefettura ambrosiana, tra lui e Ferrante cera «molto feeling».
E le società «indagate» arruolano lulivista Ferrante
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