E la stampa estera resta delusa: «Non c’è notizia, solo forzature»

RomaDeludente. Nulla che potesse stuzzicare i lettori e i telespettatori dei rispettivi Paesi. E dire che gli ingredienti di una di quelle notizie che si vendono bene c’erano tutti: Italia e mafia; Silvio Berlusconi e un pentito della criminalità organizzata; il nome del presidente del Consiglio della sesta economia mondiale tirato in ballo come referente di Mammasantissima, proprio negli anni in cui l’organizzazione malavitosa sceglieva di passare dalla raccolta silenziosa del pizzo alle stragi; dagli appalti alle bombe nelle città d’arte. Infatti, ieri, le aspettative dell’informazione internazionale erano elevatissime. A Torino - sede straordinaria della corte di Appello di Palermo per l’udienza più attesa del processo di appello a Marcello Dell’Utri, quella con la testimonianza di Spatuzza - c’erano tutte le agenzie stampa, i corrispondenti delle testate più prestigiose e le telecamere di almeno trenta emittenti televisive. In tutto 200 giornalisti accreditati. Cifre che il Piemonte ha raggiunto solo per le olimpiadi invernali.
Ma il circo mediatico è durato poco. Appena mezza giornata, giusto il tempo di ascoltare la diretta di Spatuzza, riferire alle rispettive redazioni e levare le tende. Perché non c’è notizia e tenere corrispondenti e ripetitori all’estero costa. La delusione era talmente evidente che diventava questa una notizia, lanciata delle agenzia di stampa italiane. Un interrogatorio di «basso profilo» si limitava a dire una giornalista di France2, che ha aggiunto: «Aspettiamo gli sviluppi. Mi sembra che il procuratore generale sia stato molto prudente». Dalle parole di Milena Vercellino, italiana, ma giornalista per la statunitense Dow Jones, si capiva che a Torino è mancata la materia prima dell’informazione. «Abbiamo aspettato molto a scrivere qualcosa perché volevamo capire se sarebbe uscita una notizia. Dalle dichiarazioni del pentito non è emerso alcun elemento che facesse pensare a scambi di favori politici, ma semplicemente un legame non meglio precisato». Ore ad aspettare, aggiungeva la corrispondente di Dow Jones, mentre «i miei editor da Londra aspettavano che dalle parole di Spatuzza uscisse una qualche notizia».
Giudizi di operatori dell’informazione diventavano dubbi sull’operato dei giudici nelle parole di Steve Scherer di Bloomberg News: «Noi siamo qui come giornalisti e abbiamo il diritto-dovere di cronaca di riferire cosa accade, tuttavia non mi sembra una deposizione che abbia portato riscontri nuovi. Mi sembra una forzatura riaprire un processo d’Appello per una persona che racconta cose che lui ha sentito dire».
Gaspare Spatuzza - continua Scherer - è «un pentito che non ha avuto nessun contatto diretto con Silvio Berlusconi o Marcello Dell’Utri, ma riporta sempre informazioni di seconda mano».
Ma forse la colpa è dei media stessi. «Forse - constatava Scherer - c’è stata una eccessiva attesa nei confronti di questa deposizione, giustificata soltanto dal fatto che il testimone ha tirato in ballo il nome del premier».
E così, uno dopo l’altro, giornali, televisioni e agenzie se ne sono andati. All’ora di pranzo non c’era già più la televisione francese, El Mundo. Neppure il corrispondente di El País, gemello spagnolo di Repubblica. A metà pomeriggio ha gettato la spugna anche il giornalista americano di Bloomberg News.
Tutti, a quanto pare, senza una storia da raccontare. Sempre che non si realizzi l’ormai famosa teoria dell’ascensore spiegata da Giancarlo Salemi nel libro Europa di Carta, guida alla stampa estera.

In sintesi: i giornali stranieri prendono una notizia che quelli italiani riportano, diciamo a pagina 10. Loro la mettono a pagina 5. E il giorno dopo gli stessi giornali italiani la riprendono. E la mettono in prima pagina.

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