Vittorio Sereni (1913-1983), natali a Luino, sul Lago Maggiore, e una vita suddivisa tra gli orrori della guerra (fu internato in Algeria e Marocco) e Milano, dove fu a lungo dirigente editoriale alla Mondadori, è stato un grande poeta. Uno di quelli della celebre linea lombarda - poetare intenso, concreto, quasi crudo - che annovera campioni come Luciano Erba, Giovanni Raboni, Franco Loi. A Sereni, uomo dotto, pensoso ed elegante, la sua città natale dedica ora una bella mostra voluta dal comune e dall'Università dell'Insubria: «Vittorio Sereni. Parole per musica fiorite» (da oggi e fino al 28 maggio, ingresso libero, www.comune.luino.va.it, curata da Angelo Stella e Gianmarco Gaspari, con il coordinamento di Chiara Gatti) è un'esposizione da ascoltare prima che da vedere. Nelle sale di Palazzo Verbania sono infatti raccolti manoscritti, edizioni storiche, documenti e fotografie ma soprattutto - e questo è l'aspetto più interessante del lavoro, valorizzato da un allestimento ad hoc - si è privilegiato l'ascolto diretto delle parole di Sereni. Il suo poetare, che la lettura di alcuni noti attori come Anna Nogara, Massimo Popolizio e Alberto Onofrietti rende ancora più suggestivo, è il fulcro della mostra che nasce anche per ricordare l'affetto profondo che legava il poeta alla sua terra. «Ma sugli anni ritorna/ il tuo sorriso limpido e funesto/ simile al lago/ che rapisce uomini e barche/ ma colora le nostre mattine», scriveva Sereni in «Frontiera», una delle sue raccolte più celebri, che con «Stella variabile» accompagna i visitatori nel percorso della mostra. Suddivisa in quattro sezioni (l'ultima delle quali incentrata sulle foto tratte dagli album di famiglia e ambientate a Luino, «attonito/specchio di me una lacuna del cuore»), l'esposizione presenta anche registrazioni e filmati d'epoca (Sereni fu spesso protagonista di trasmissioni della RSI) oltre alle testimonianze degli amici di sempre, come Gillo Dorfles e Franco Loi, e i ricordi delle figlie Silvia e Giovanna.
Sereni fu poeta che amava la prosa e, alla maniera di Montale e Saba, autori che molto amava, prediligeva inserire nei suoi versi parti dialogate, tratte dal parlare quotidiano: la giovane Valentina Perazzini, reduce dal Premio San Fedele, omaggia questo suo poetare così moderno con una installazione costruita da bozze di poesie e celebri copertine delle sue raccolte poetiche.
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