E sul web già impazza la risposta musicale alla canzone di Povia

Si intitola "Lucky è gay" il motivetto che da oggi è ascoltabile sia su Myspace che su Facebook. Lo firmano gli artisti riuniti nel "collettivo" SUPERio

E sul web già impazza la risposta 
musicale alla canzone di Povia

In meno di ventiquattro ore dalla contestatissima esibizione di Povia sul palcoscenico dell'Ariston con la sua canzone «Luca era gay» arriva la replica a suon di musica. A firmare una risposta canora all'esibizione del cantante, già premiato dal pubblico sanremese nel 2005 per la sua «I bambini fanno ooh» (fuori concorso), è il gruppo dei SUPERio. La canzone «Lucky era gay» impazza già sul web.

Secondo gli autori, vuole essere la «risposta intelligente e ironica a Povia». Su Facebook e su Myspace è possibile ascoltare questo scanzonato motivetto che mette al centro del racconto un transessuale felice e appagato della propria condizione. In «Lucky era gay» il sound è un dichiarato omaggio all'elettronica e alle voci dei lontani anni Ottanta, pur reinterpretata in chiave ironica e contemporanea, con giochi di violino suonati su basi ammiccanti ed effetti elettronici dal sapore amabilmente vintage. La voce, ora sussurrata ora più calda e urlata, è quella della giovane cantante romana Giulia Ananìa, perfetta interprete dello stile del testo, fatto di semplicità, immediatezza e irriverenza, qui alle prese con un pezzo molto lontano dalle sue corde abituali, tra il pop anni '80 e l'elettronica, a metà tra i Visage e Viola Valentino, i Devo, Klaus Nomi e i Gaznevada.

Come contraltrare alla canzone di Povia, «Lucky era gay» prende spunto fin dal titolo dalla canzone sanremese per poi controbattere punto per punto i temi della canzone: Luca, che nella canzone di Povia è un «povero sfigato», qui diventa un tipo «fortunato» («lucky» in inglese), che dalla condizione di gay si trova a passare paradossalmente a quella di trans (invece che di etero come nello scontato testo di Povia), senza pentirsene né rallegrarsene, ma semplicemente accettando con naturalezza la sua nuova identità.

«Ama chi ti pare» è l'esortazione spontanea e a sua volta amorevole di una ragazza curiosa e felice, che racconta la storia a lieto fine di Lucky, suo ex ragazzo, che si era poi scoperto gay e adesso non lo è più perché è diventato trans. «Ma si può dire trans?» Lei lo dice e lo ripete a tutti, affrontando con la naturalezza e la leggerezza della vita un percorso fatto di cambiamento e di libera affermazione identitaria, senza recriminazioni di colpa né accenni a salvifici episodi di guarigione.



Adesso c'è quindi il fondato rischio che anche questo scanzonato brano possa diventare un tormentone ad uso e consumo di quanti amano perdersi in inutili ed estenuanti polemiche. Dopo il web arriverà di certo la radio per lanciare in grande stile questo manifesto canoro che solletica le vanità idelogiche di Grillini e compagni.

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