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E a Tbilisi va in scena la sfida canora al potere del Cremlino

nostro inviato a Tbilisi

Qui Georgia e Russia guardano in faccia il loro futuro. Questi ragazzi che arrivano alla spicciolata o in gruppi, dispersi, in cerca di qualcosa, sono quelli nati quando il muro non c'era più e adesso hanno una paura bastarda di ritrovarselo in faccia. La Georgia di Saakashvili ha stuzzicato l'orso e l'orso prima o poi, pensano qui, attaccherà. C'è aria di attesa. L'appuntamento è lì, in piazza Sioni, il cuore della vecchia Tbilisi. La roccaforte dell'orgoglio georgiano. Si aspettano 30mila persone, e il primo anno del «Tbilisi open air Festival» sa di provocazione e di scongiura contro l'invadenza dell'ex grande madre Russia. Slawek Petrzak è un produttore che è arrivato per il festival da Varsavia. «Qui hanno tutti paura che tra tre mesi arrivino i carri armati. E allora addio. È un momento importantissimo per la Georgia». I giovani sono arrivati dagli angoli più strani dell'Asia e dell'Europa per vivere la loro Woodstock caucasica. Questi giovani georgiani non assomigliano ai loro genitori. Sono venuti dopo il terremoto di vent'anni fa. Loro sono cresciuti con l'Occidente nella pancia. Yana e Zara sono sotto al palco che ballano. Hanno 19 e 22 anni, sono qui per i Play paranoid un gruppo georgiano che canta in inglese. Nell'ipod hanno i Pink Floyd, i Radiohead e Coldplay. Si sentono a un passo dall'Unione europea, quelli che l'Urss l'hanno studiata sui libri, l'hanno vista nei film. Sentita sempre lontana e diversa. Fino all'estate scorsa. Quando la paura ha cambiato le carte. Allora il passato è sembrato tornare come un incubo, la Russia era venuta a chiedere il conto. Allora più di prima è montato lento e costante un senso di rivalsa, di rivincita.
Hanno guardato a occidente in cerca di conferme. Sono stati respinti dal festival europeo che quest'anno si svolge in Russia. La loro canzone: «We Don't Want to Put-in» proprio non è piaciuta a Mosca. Dall'altra parte il rifiuto sapeva troppo di sconfitta. L'unica alternativa era far come loro, meglio di loro. Un festival internazionale in parallelo a quello russo. Stesse date, dal 15 al 17. L'Eurofestival di Mosca contro l'Alter/vision di Tbilisi. Uno sguardo alternativo, quello europeo appunto. Raphael Glucksmann, figlio del filosofo francese è con loro. È lui l'anima e lo stratega di questa sfida a Mosca. E lui, come il padre, scommette sulle cattive abitudini del vecchio impero russo. Circa 500mila euro di spese, tre settimane di preparativi frenetici. Oltre 500 persone al lavoro, tutte rigorosamente georgiane, 2.500 uomini della security. Saakashvili qui gioca la sua ultima sfida. Qualcuno dice che molti georgiani non lo vogliono più. L'opposizione si fa ogni giorno più forte.
Ma, sostenitori e avversari, sono d'accordo solo su un punto: «Il presidente ha l'appoggio degli artisti». «Siamo sempre stati indipendenti, e lo dimostriamo anche in questo caso. Io lo sono da quando ero piccolo. Con questa manifestazione vogliamo gridare tutta la nostra positività, le nostre emozioni in libertà dice Irakli Nadareishvili, il direttore del festival. Eka e Evantsa sono sotto al palco. Hanno 21 e 25 anni. «Il mondo oggi è qui.

I russi ci hanno esclusi dal loro Eurofestival e questa è la nostra risposta». Fino a domenica arriveranno gruppi francesi, danesi, inglesi, gruppi rock, funk, electro, alternative, funk bitrop.
Parteciperà anche una band italiana i Motel Connection e un gruppo russo, iI Cheese people.

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