E il TgUno di Riotta fa lo spot al camorrista

Scusate, ci siamo sbagliati noi. Noi che quando vi raccontiamo le cose più complesse ci preoccupiamo anche di come ve le raccontiamo. Noi che cerchiamo sempre di evitare la melassa, i pasticci, il giornale in cui - come di notte - tutti i gatti diventano bigi. Abbiamo avuto l’impressione di esserci sbagliati proprio ieri, quando abbiamo visto al Tg1 delle ore 20 la lettera del boss camorrista tramutata in una sottospecie di pièce teatrale: con il doppiatore che recita, il tono posato, il sospiro della battuta ad effetto.

Abbiamo avuto paura di esserci sbagliati, perché quando sabato abbiamo deciso di pubblicare noi la lettera struggente di Giuseppe Setola, il boss latitante che invoca la cecità per giustificare la latitanza, non ci siamo riempiti il cuore di lacrime. Abbiamo pensato che era una notizia da dare, ovviamente. Ma da contrappuntare con i riscontri della cronaca, e da rintoccare con la campana di un’altra versione, quella degli inquirenti.

E così, il nostro Gian Marco Chiocci, ha sì riferito che Setola nega di essere killer perché la miopia sta spegnendo la sua vista, ma non si è scordato di dirci che pentiti e indagini lo incastrano. Se il boss è diventato un nuovo Omero o un vate accecato, insomma, questo è accaduto dopo che sedici cadaveri sono caduti come foglie nel tempo della sua latitanza. Ebbene, pensavamo di aver fatto una cosa sensata: raccontare criticamente, e senza enfasi. Finché non abbiamo visto lo spot del Tg1 di Riotta.

Appassionato, commosso, quando i padrini erano bianchi. Setola in quel tiggì parla con la voce di un doppiatore così affettato che nemmeno De Niro se lo sogna, non sembra un Padrino, ma come uno degli italiani dolenti che trovano asilo nel programma della De Filippi, e si raccontano con una letterina.

E quando solo alla fine, sommessamente, il Tg1 ha accennato all’idea che «la procura indaga», ci è venuto di dire: o abbiamo ragione noi, o avete torto voi, cari colleghi. Perché si può pensare o scrivere quello che si vuole di un boss. Ma non si può trasformare la camorra in una fiction.

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