Cronache

"E' vero bisogna scegliere E far la mamma è più dura"

Diciamocelo: ogni giorno abbiamo una e cento opportunità di scelta. Cosa fare, cosa mangiare, dove andare, cosa leggere, ascoltare o comprare. Chi incontrare, chi amare, chi cercare. Quando qualcuno non si pone il problema di selezionare e decidere tra le occasioni possibili, o è inane o è privo di libertà. Anche il nostro destino, per quanto possa dipendere da noi, lo scegliamo vagliando nel tempo una serie di alternative e agendo di conseguenza. Certamente esiste anche chi decide di non scegliere, tra un’ipotesi e l’altra, potendo quasi sempre approfittare di prendersi tutto: perché è viziato è ha delegato ad altri la responsabilità di vivere; perché fatalista, o avido o egoista; perché incapace.

Comunque sia, chi ha il coraggio della scelta, buona o pessima che sia, deve anche pagare il costo dell’inevitabile rinuncia all’opzione non preferita. La maggior parte delle donne, sino a poche decine di anni fa, in pratica e quando era loro concesso, avevano solo da decidere tra la passione e la ricchezza. Potendo, prediligevano entrambe, con gratificanti compromessi. Oggi, con la pari dignità giuridica e sociale, ma anche grazie ai metodi sia contraccettivi sia fertilizzanti, le donne vivono nel dilemma costante. Sposarsi o convivere? Fare o non fare figli? Adesso o poi? La carriera o la famiglia? La passione o il dovere?

Questi aut aut sono all’evidenza pesantissimi e condizionanti, tali da modificare i confini e la cornice del destino di qualsiasi donna. O da renderlo continuamente confuso e illeggibile. Persino alle stesse protagoniste. Per quanto, ci sono le avide, che antepongono la propria gratificazione a ogni valore e a ogni rinuncia, scegliendo, per esempio, il sesso come promotore della carriera o un figlio come assicurazione della ricchezza o anche la propria famiglia quale garanzia finanziatrice per avere e fare tutto.
Ma la più parte delle donne è davvero costretta a spaccare in due se stessa, prima di intraprendere il percorso della maternità o quello della carriera. Se la scelta è categorica, ne soffrono nel tempo.
A volte, però, sono favorite dall’istinto o dal caso che, a un certo punto, prevalgono e le tolgono dal dubbio; sovente sono imprigionate per sempre nel meccanismo di un lavoro iniziato nell’attesa di decidere. Negli altri casi, scelgono di non scegliere: come oggettivamente sembra giusto fare, considerata la non omogeneità dell’alternativa; e sono convinte di poter fare tutto. E bene. Non è così. E tutte noi lo sappiamo, anche se ce la raccontiamo diversamente.

Bisogna fare mille distinzioni, perché ogni percorso lavorativo è diverso dall’altro; perché ogni marito o compagno ha un suo peso specifico; perché il portafoglio pieno o vuoto costituisce un preciso condizionamento, al di là di ogni spicciolo moralismo.
In ogni caso, e sono d’accordo quindi con Alexandra Shulman, la direttrice di Vogue (nella foto), il fare figli intralcia l’attività e il fare seriamente la professione pregiudica la maternità.
C’è poco da discutere: è una carriera pesante, e ricchissima di inevitabili sacrifici, anche quella di madre. Non si possono percorrere contemporaneamente due difficili strade parallele, con gli stessi risultati.
Se si privilegia il lavoro (a volte questo capita anche agli uomini sensibili) si vive con grande senso di colpa la genitorialità. Si è obbligati a dare il proprio cuore, l’amore, le ansie, molti doveri e le curiosità, in affitto a una nonna, tata o cameriera, affinchè il figlio non cresca nella solitudine e disattenzione. Con il dispiacere costante di vederlo poco e il terrore che, con gli anni, diventi il nostro più severo censore.

La consolazione che ci si dà è «meglio la qualità che la quantità del tempo». Un alibi modesto, se solo si pensa alla stanchezza mortale di chi combatte fuori casa tutto il giorno, e al conseguente desiderio del nulla, quando torna a casa.
Certo, ci sono madri che non lavorano, ma trascorrono ore e ore con i figli trasmettendo loro, e prendendosi, le stesse emozioni suggeribili da una pera cotta. Tuttavia, ce ne sono altre che lavorano e che, nel rientrare a casa, sanno esprimere e raccogliere sentimenti con un energia insospettabile.
Purtroppo, nella media si trova un equilibrio solo quando si gestiscono famiglia e lavoro affidandosi ai compromessi. Anche con se stesse, pur essendo fiere di saper controllare, con impegno e creatività, gli eventi, anche improvvisi, che si presentano da una parte e dall’altra.

Sono ammirevoli le donne che lavorano e che formano anche una famiglia.
Sono ammirevoli persino se vogliono raggiungere l’apice della perfezione in entrambe le carriere.

Tuttavia devono essere consapevoli che il loro valore, sia di madre sia di donna in carriera, non sarà mai nell’obiettivo più o meno raggiunto, bensì nella volontà e nella improba fatica di volerlo raggiungere.

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