E Walter dà i numeri. Sbagliati

da Roma

«Ci vorranno due o tre generazioni prima che si vinca di nuovo, con questi dirigenti non vinceremo mai». Le parole di Nanni Moretti dal palco di Piazza Navona nel 2002 riecheggiano nella mente dei militanti delusi del centrosinistra dopo la nuova sconfitta elettorale.
Soprattutto quando il leader Walter Veltroni si contorna nella conferenza stampa di ammissione della sconfitta da tutta la nomenklatura democrat per annunciare l’esito negativo della «grande rimonta». Ma è andata veramente così? È stato solo il destino cinico e baro a mettere fuori gioco il Partito democratico?
Peppino Caldarola, ex ds, non è di questa opinione e ieri dalle colonne del Riformista ha spento i residui entusiasmi del loft. Alla Camera, infatti, il Pd ha preso solo 162.015 voti in più dell’Ulivo del 2006. I due punti percentuali in più (dal 31,3 al 33,2%) conseguiti dai veltroniani sono frutto della maggiore astensione più che dell’aumento dei consensi.
Al Senato, ricorda Caldarola, è andata un po’ meglio perché il Partito democratico ha conseguito 1.400.390 voti in più (+6%) della somma Ds-Margherita del 2006 quando i due partiti andarono separati alla corsa verso Palazzo Madama. Lo slogan del «voto utile» ha attirato verso i democrat le preferenze degli elettori di sinistra più anziani che due anni orsono avevano a disposizione un ventaglio di offerta politica maggiore rispetto all’attuale.
C’è un «però»: alla frana della Sinistra arcobaleno non è corrisposta una proporzionale avanzata dei moderati. Infatti, anche un calcolo apparentemente più benevolo nei confronti del Pd alla fine si rivela impietoso per Veltroni & C. Basta prendere i dati delle elezioni per il Senato 2006 e assegnare ai Ds solo il 75,5% dei voti presi corrispondenti alle adesioni alla mozione Fassino dell’ultimo congresso. A questi si sommano i voti della Margherita depurati delle 80mila preferenze andate all’Unione democratica di Bordon e Manzione, alla metà dei voti della Rnp (vista la presenza dei radicali nelle liste) e a un terzo dei voti Udeur (nell’ipotesi che gli «orfani» di Mastella si siano distribuiti uniformemente nei tre poli). Si ottiene un risultato di 8.682.251 voti che farebbe presumere un recupero del Pd di circa 2,36 milioni di preferenze.
Ipotizzando che i voti dei «mussiani» di Sd e dei socialisti di Angius andassero interamente all’Arcobaleno e ai boselliani si ottengono infatti risultati veramente impietosi per gli altri due partiti di sinistra. Escludendo le preferenze alle formazioni trotzkiste (Pcl, Sinistra critica e gli altri hanno ottenuto poco più di 400mila preferenze), comunisti e verdi hanno disperso un patrimonio potenziale di 3.368.484 voti. Idem per i socialisti che potevano contare anche su metà del bacino Rnp di due anni fa e sul piccolo partito di Bobo Craxi (che nel 2006 corse con Prodi). Risultato: 887mila voti andati in fumo.
Pur ammettendo che qualcuno dei 428mila voti guadagnati dai dipietristi venisse da quest’area, il Pd può avere a malapena recuperato la metà dei consensi persi dall’estrema sinistra e dai socialisti. In pratica, è come se si fosse riportato a casa i voti potenziali di Mussi e di Angius (circa 1,5 milioni) più qualche spicciolo. Dato che evidenzia come anche il Pd potrebbe essere stato colpito dall’astensionismo. Ripetendo l’identico ragionamento anche per la Camera il guadagno salirebbe dai famosi 162.315 a 1.442.619 voti. Sinistra arcobaleno e socialisti, però, nel complesso hanno lasciato sul campo 3,3 milioni di voti. In questo caso il Pd non ha riguadagnato nemmeno tutti i voti che avrebbero dovuto portarsi in dote Mussi e Angius (1,8 milioni). L’exploit di Di Pietro ha portato nella coalizione di centrosinistra oltre 716mila consensi in più per Montecitorio, ma nel confronto con due anni fa si materializza ancora una volta il fenomeno astensione oltre al travaso di voti «operai» verso la Lega Nord.


Come ha fatto notare lo stesso Caldarola, in Lombardia, in Piemonte o anche nella Campania tanto decantata da Bassolino il Pd ha guadagnato qualche punto percentuale che non ha mai compensato il salasso della Sinistra che ha perso circa il 75% delle preferenze. Anche Caldarola, forse, la pensa come Moretti.

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