Si è dovuto impegnare personalmente il presidente della Repubblica Shimon Peres per cercare di placare la collera degli ebrei ultraortodossi che da giorni scatenano scontri con la polizia nei quartieri di Gerusalemme in cui risiedono. Allorigine dei violenti disordini un episodio apparentemente banale: larresto, circa una settimana fa, di una donna ultraortodossa accusata di grave negligenza nella cura di un figlio. Una decisione che appariva ineccepibile, dal momento che la vittima della situazione era un bambino di soli tre anni, privato sistematicamente del cibo e per questo ridotto a pelle e ossa.
Ma la faccenda ha preso una piega imprevedibile, o per meglio dire prevedibile solo da chi conosce le tensioni da sempre esistenti tra la comunità dei cosiddetti «zeloti» - estremisti religiosi che si spingono a negare la legittimità del sionismo e in alcuni casi perfino quella dello Stato ebraico - e le autorità israeliane: la donna (che risulta affetta da una sindrome psichiatrica che la spinge a danneggiare la salute dei propri figli al fine di ottenere attenzione per se stessa) ha negato di aver affamato il suo bambino e ha invece accusato i medici dellospedale Hadassah di Gerusalemme, dove è stato ricoverato e dove si sta riprendendo, di essere i veri responsabili delle sue sofferenze.
La polizia propone un filmato in cui la donna in ospedale stacca gli strumenti per lalimentazione artificiale del figlio e insiste perché si sottoponga a una perizia psichiatrica, ma senza successo. E tanto è comunque bastato ai suoi compagni di setta per scatenare polemiche e tumulti, sfociati in violenti disordini di piazza fra poliziotti e dimostranti ultraortodossi, nonché in sassaiole contro gli uffici comunali cui il sindaco ha reagito con una controversa punizione collettiva (sospensione dei trasporti pubblici e di altri servizi) in alcune aree della città abitate dagli «zeloti».
Gli scontri, protrattisi per più giorni e anche di notte, sono stati particolarmente violenti: si sono contati una decina di feriti e la polizia ha effettuato numerosi arresti, che ora si dovrà decidere se convalidare. La situazione rischiava di sfuggire di mano ed è dunque intervenuto il presidente Peres. La sua mediazione propone una sorta di compromesso: laffido della donna agli arresti domiciliari presso un autorevole rabbino israeliano, mentre il piccolo verrebbe trasferito in un altro ospedale.
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