Eccesso di velocità Maradona multato come uno normale

Andava a 120 invece che 80 km. Ha chiesto scusa agli agenti e pagato 200 euro

Roberto Bonizzi

Pizzicato. Tanto per cambiare. El Diego è sempre lui. Oltre, al di là del bene e del male, incorreggibile. Questa volta l’ha «fregato» il piede pesante. Eccesso di velocità sull’autostrada vicino a Gelsenkirchen: 120 chilometri all’ora in un tratto in cui il limite era fissato a 80. Gli zelanti agenti della teutonica «polizei» non hanno fatto sconti: 200 euro di ammenda. Lui non ha battuto ciglio, come una settimana fa a Giugliano quando, dopo l’atterraggio a Capodichino, i finanzieri italiani gli hanno pignorato due Rolex per i debiti col Fisco (31 milioni di euro). Ha aperto il portafogli, chiesto scusa e proseguito per l’albergo con l’ex moglie e la figlia al fianco. Troppo grande la gioia per il 6-0 della sua Argentina alla Serbia, festeggiato con un samba improvvisato in coppia con Dalmina, la sua nina.
Maradona ha cambiato immagine. Gentile e disponibile, non è più quello cattivo, maledetto, strapieno di coca, quello che sparava, con un fucile ad aria compressa, contro i giornalisti che lo aspettavano fuori dalla sua tenuta in Argentina. Dopo la «crisi cubana», le settimane passate in ospedale tra la vita e la morte, è arrivato l’ennesimo rilancio di Diego. L’operazione per perdere peso, le partite di beneficenza, il programma televisivo a Buenos Aires (La noche del 10). E un ruolo da «motivatore» della nazionale albìceleste in attesa, dicono a Buenos Aires, di prendere il posto del ct Pekermann per i prossimi mondiali.
In Germania el Diego non manca un’occasione. Prima di ogni partita scende negli spogliatoi e carica i ragazzi argentini. Un abbraccio e un discorsetto personalizzato per ognuno. «Il contatto con Maradona è una motivazione in più» racconta Lionel Messi, 19 anni ancora da compiere, il talento migliore tra i giovani della Seleccion. Che da quando ha infilato titoli mondiali giovanili uno dietro l’altro è già stato designato come l’erede del più grande. El nuevo Diego. Investitura approvata e certificata anche da Maradona stesso. «Prima di scendere in campo ci trasmette una carica incredibile» conferma il gioiellino del Barcellona (guarda caso prima tappa anche di Diego nel suo grand tour europeo).
Dopo il rito dell’incoraggiamento Maradona si sposta in tribuna. C’era all’esordio contro la Costa d’Avorio, a soffrire fino al fischio finale per il 2-1 dei suoi. C’era nel trionfo sui resti della Serbia Montenegro. Non ha il palco personale come alla «Bombonera», per le partite del Boca Juniors, ma el Diego monopolizza comunque l’attenzione.

La «sua» numero 10 sulle spalle, il catenaccio d’oro a ballonzolare sul petto, un sigaro gigante ricordo del periodo cubano nascosto tra le dita. Il pubblico lo acclama. Lui ruba la scena: si alza, sventola la sciarpa. Sorride. L’espressione trasognata. Sempre oltre. Al di là del bene e del male. Comunque incorreggibile.

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