Anno 2010. Luomo entra nel suo studio e apre il libro computer: il piccolo volto con un cravattino a farfalla si illumina in un riquadro, la Voce comincia a leggere messaggi e appuntamenti del giorno. Luomo prende nota mentre si prepara il caffè, e intanto si organizza la giornata. Luce soffusa, musica in sottofondo, musica classica. Lui è tranquillo e assolutamente a suo agio: lavora. La Voce risponde, luomo comanda, il computer agisce: «Fai una ricerca su internet» dice, poi tocca lo schermo per ingrandire i dati che gli servono. Appaiono immagini, numeri, appunti, la Voce nel frattempo fa un riassunto degli argomenti, poi si ferma: «Cè una chiamata in arrivo». «Passamela» e volto umano si apre in un altro riquadro. Ancora lavoro, alla fine la Voce ricorda gli appuntamenti del giorno dopo, si può chiudere il libro. Anno 2010: sul tavolo non cè una penna. Ma soprattutto in giro non cè carta.
Questa non è una visione, anzi in realtà lo è, visto che il video che racconta questa strana avventura è firmato Apple ed è datato - credeteci - 1988. Controllate in rete allindirizzo http://www.diggthis.net/apples-2010-future-computer-as-predicted-in-1988/, per qualcuno è la dimostrazione che il futuro si può prevedere. Quasi ventidue anni dopo, giusto alla vigilia del 2010, sappiamo già che il prossimo sarà per Apple lanno del Tablet Pc, ovvero un computer solo schermo che magari non sarà proprio uguale al libro che si vede in quel video, ma lidea è la stessa, pensata e prevista quando ancora nessuno di noi neppure immaginava di avere un computer in casa. E quando nessuno di noi aveva in tasca un telefonino.
Allora la domanda è se davvero la fantascienza è già qui, in quel mondo elettronico che solo qualche tempo fa sembrava solo un film. Negli Stati Uniti, ad esempio, il regalo di Natale del 2009, loggetto cult che è stato messo sotto lalbero, si chiama Kindle ed è venduto sul sito di Amazon, la libreria virtuale più grande del web. È uno schermo piatto e leggero sul quale caricare documenti, libri e perfino quotidiani, naturalmente solo bit e niente carta. E Kindle ha già i suoi fratelli - maggiori tra laltro perché perfino migliori - visto che lesperimento delle-book, fallito qualche anno fa, ora è maturo e dunque diventa business.
Tempi moderni insomma, se pure un colosso come la Disney ha deciso di lanciare il fumetto hi-tech. Si chiama Digicomics ed è il servizio grazie al quale, tavola dopo tavola, le storie si animano sui devices, che sarebbero - per dirla come si parla oggi, nellera dello «schedulare» (lo so, è come uno stridìo nelle orecchie) - quegli apparecchi che ci portiamo dietro nella vita di tutti i giorni. E Digicomics funziona, garantito: sono già previste migliaia di storie che hanno fatto la storia di Mickey Mouse in Italia e nel mondo, ma presto ci saranno disegni progettati solo per il digitale, una nuova famiglia che farà concorrenza a quella tradizionale. Digicomics per ora è su iPhone e Playstation portatile, però nel 2010 (guarda un po) arriverà su altri cellulari e ulteriori aggeggi (senza offesa, sintende) perché Topolino e i suoi amici possano raggiungere chiunque e dovunque. Il sistema in fondo è semplice: si scarica lapplicazione, si tocca lo schermo, si paga con moneta virtuale (naturalmente), si legge come fosse un giornalino. Solo che il giornalino non cè. Non cè più nemmeno ledicola.
E dunque alla fine la domanda è questa: la carta morirà? Torniamo allora al 2010, ma quello del 1988: luomo parla e non scrive, legge ma non gira pagina, lavora ma non va in ufficio, perché lufficio è già lì. Luomo si informa dando comandi al suo aiutante elettronico e quando vuole svagarsi tocca lo schermo, lo sfiora, pagina dopo pagina. Che sia un documento, un giornale, un fumetto. Che sia Shakespeare o, appunto, Topolino. Chi è abituato a toccare con mano dice che la carta non morirà mai, la sensazione del foglio e lodore dellinchiostro inebriano ancora, sono il momento in cui la nostra solitudine diventa compagnia con noi stessi e con i nostri pensieri. Girare pagina resta sinonimo di qualcosa che cambia, se non si può sentirne leffetto forse tutto diventa troppo uguale. Anzi, di sicuro.
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