
Gentile direttore Feltri,
vorrei chiederle cosa pensa della reazione della premier Giorgia Meloni alla decisione del Tribunale dei ministri sul caso Almasri: archiviazione per lei, ma richiesta di autorizzazione a procedere per tre suoi uomini di governo, Nordio, Piantedosi e il sottosegretario Mantovano. Colpisce che sia stata proprio la premier a dirsi stupita di essere l'unica a non essere processata. Lei che idea si è fatto?
Giorgio Gabrielli
Caro Giorgio,
la mia idea è che Giorgia Meloni abbia appena dato a tutti una lezione magistrale di leadership, coerenza e responsabilità politica. Siamo abituati a capi di governo che fanno i finti tonti quando le cose si mettono male e si sfilano dalle decisioni prese in Consiglio dei ministri con la velocità di un angelo vendicatore, la premier invece ha detto chiaro e tondo: «Abbiamo deciso tutti insieme. È assurdo che processino loro e non me».
Ecco, questa non è una dichiarazione di comodo. È una dichiarazione storica. Perché Meloni non si è limitata a difendere i suoi ministri, Nordio, Piantedosi e Mantovano (che, ricordiamolo, è l'autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, e quindi gestisce i Servizi segreti). No, Meloni ha fatto molto di più: ha rivendicato la propria piena responsabilità politica, dicendo in sostanza se colpite loro, colpite anche me. Quanti altri presidenti del Consiglio avrebbero avuto il coraggio di farlo? Nessuno. Anzi, solitamente, quando arriva una bufera giudiziaria, il capo del governo si rifugia dietro tecnicismi, parla di autonomia delle decisioni dei ministeri competenti, e in privato ringrazia il cielo di essersela cavata. Lei no. Lei ha preteso non l'impunità, ma la corresponsabilità. Ed è qui che emerge la grandezza politica e morale di Giorgia Meloni. Avrebbe potuto girare la testa dall'altra parte. Avrebbe potuto dire: Ho già guerre da gestire, una maggioranza da tenere unita, un'opposizione che sbraita ogni giorno, un'Europa sempre pronta a bacchettare: almeno questo ce lo siamo tolto. Invece no. Ha scelto la strada più impervia: quella della verità e della lealtà.
È questo che distingue i veri leader dai politici da sottoscala. Non è solo l'onestà intellettuale, che in politica è merce rara, ma la capacità di portare il peso delle proprie scelte anche quando diventa scomodo, persino doloroso.
Meloni ha agito, come sempre, da donna sola contro tutti. Ma stavolta non per difendere sé stessa. Per difendere i suoi uomini, i suoi ministri, il suo governo. E, paradossalmente, ha finito per essere l'unica a uscire indenne da un'operazione giudiziaria che ha il sapore acre di una vendetta ideologica. Perché il vero punto, caro Giorgio, è anche questo: se la decisione sul rimpatrio del libico Almasri, presunto torturatore, è stata collegiale, com'è ovvio che sia, allora o si processano tutti oppure nessuno. Invece qui si è seguita la via giudiziaria più opaca: salvare la testa del premier e colpire i suoi uomini. Come dire: noi ti lasciamo intatta l'immagine, ma sotto ti togliamo i pilastri.
E in questo schema vigliacco, Meloni ha risposto con onore. Non si è rifugiata nel suo status. Non si è nascosta dietro i cavilli. Ha detto, come solo i grandi sanno fare: Non è giusto così. Se vanno a giudizio loro, voglio andarci anch'io. Ebbene, questa, che piaccia o meno ai detrattori, è una premier vera. È così che si comporta un presidente del Consiglio degno di rispetto. Sta dando lezione non solo a quelli che verranno, ma anche a quelli che l'hanno preceduta.
Prendetene nota,
voi che volete farla passare per autoritaria: Meloni è oggi la più democratica tra i democratici, e l'unica che si prende le sue colpe anche quando non le conviene.Ecco perché, ancora una volta, l'Italia deve dirle grazie.