Ecco le carte segrete della congiura contro Blair

Spuntano i documenti che provano il complotto contro l’ex premier da parte degli attuali vertici laburisti. Miliband, Balls e Gordon Brown sono le menti del "Progetto Volvo". Obiettivo: infangare l’immagine del leader

Ecco le carte segrete della congiura contro Blair

Come nelle migliori trame, l’operazione ha un nome in codice: «Progetto Volvo». L’obiettivo è costringere all’uscita di scena il leader laburista più popolare della storia del Regno Unito, Tony Blair. È il luglio 2005, Londra è sotto le bombe dei terroristi islamici, che si fanno esplodere sugli autobus e la metropolitana. Ma l’attacco sferrato al premier non ha nulla a che vedere con le minacce allo Stato britannico. Il colpo contro il primo ministro che due mesi prima ha trascinato il partito verso una terza storica vittoria è diretto contro la leadership del Labour e nasce dalle fila del Labour stesso. «Volvo» è il nome in codice di Gordon Brown. È lui, l’allora Cancellerie dello Scacchiere, l’uomo che vuole spodestare «re» Blair. «Volvo» è l’auto alla quale gli inglesi lo paragonano: Brown è un politico di esperienza, ma un po’ troppo fuori moda.

Lo dicono le rilevazioni condotte dalla sondaggista ingaggiata per lavorare sull’immagine del regicida Brown, le stesse che paragonano David Cameron, suo futuro sfidante se l’operazione anti-Blair andrà in porto, a una «Bmw»: fresco e scattante come una macchina sportiva. Il piano prevede la formazione di una squadra solida e compatta, il remake dell’immagine di Brown ma soprattutto un’azione continua per sminuire l’operato del premier in carica. Incontri segreti, sondaggi privati per cogliere i punti deboli di Blair, appunti riservati in cui si critica pesantemente l’ex ministro e si studia una strategia per metterlo in cattiva luce. C’è tutto questo nei documenti pubblicati dal Daily Telegraph e che provano una volta per tutte come all’interno del Partito Laburista sia andato in scena un colpo di stato. Un golpe morbido, perché alla fine Blair lascerà per sua volontà, accusato tra l’altro di aver tradito il patto iniziale con Brown, che prevedeva un passaggio di consegne tra i due parecchio tempo prima. Ma pur sempre un golpe. Gli uomini che guidano il Labour oggi sono gli stessi che hanno tramato ieri contro Blair e che hanno però perso la partita decisiva, quella delle urne contro i Conservatori di Cameron.

Tra loro i più stretti alleati di Brown: l’attuale leader del partito, Ed Miliband, il Cancelliere dello Scacchiere ombra Ed Balls, il ministro degli Esteri ombra Douglas Alexander e decine di parlamentari, sindacalisti e spin doctor.
«Le divisioni ai vertici del partito ci stanno uccidendo» «ed è quello che i Tory vogliono», scrive Blair in uno dei documenti pubblicati dal Telegraph, in cui l’allora premier propone a Brown un piano per la cessione dei poteri. I toni sono concilianti - «tu vuoi (comprensibilmente) che io vada» - e Blair ammette pure che «le prossime elezioni saranno Brown contro Cameron», ma chiede di evitare ulteriori divisioni, di lavorare insieme per le riforme e propone di lasciare a Brown la trasformazione del partito e la lotta al terrorismo. Poi precisa: «Fino a che sarò primo ministro, l’ultima parola sarà mia». Irritato, Brown commenta di suo pugno, l’offerta dattiloscritta del premier: «Superficiale, inconsistente, confusionaria», scrive l’allora ministro delle Finanze.

È il segno che un duro braccio di ferro è in corso fra i due, è la prova tangibile che Brown punta al potere mentre Blair si rende conto di come la spaccatura rischi di danneggiare pesantemente il partito. È la prova definitiva che per lungo tempo Blair è stato costretto a trattare la sua uscita con un coltello puntato alla gola. In un’altra nota scritta di suo pugno e inviata a Ed Balls, Brown mette nero su bianco le condizioni per siglare una pace, purché l’esito finale siano le dimissioni del premier e il conseguente appoggio al suo successore.
«Una vecchia storia», commentava ieri il gotha del Partito Laburista a proposito delle rivelazioni.

E in effetti da tempo sono ormai noti molti dettagli della guerra fratricida tra i

due pesi massimi del Labour. Resta il fatto che chi guida il partito oggi è chi ha definitivamente oscurato il leader laburista di maggior successo. La storia dà ragione a Blair: le divisioni hanno ucciso il New Labour.

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