Ecco chi sfascia il Mezzogiorno

Quanto è successo a Brindisi nelle scorse ore, dove anni di lotte ambientaliste hanno indotto la British Gas ad abbandonare il progetto del rigassificatore, è emblematico della situazione in cui si trova l’Italia, al centro di una crisi molto grave e nonostante questo del tutto inconsapevole di quanto sta succedendo, prigioniera di vecchi vizi da cui non riesce a guarire. Nello specifico, in Puglia l’impianto non si farà a causa dell’opposizione delle istituzioni locali - con in testa la Regione guidata da Nichi Vendola - e delle molte sigle ecologiste che non lo volevano. Ne è risultata una lotta senza fine sulle autorizzazioni, una caterva di ricorsi e la ben nota sequenza di manifestazioni popolari e prese di posizione dei politici. Di fronte a tali ostacoli e alla confusione risultante (perché alla fine non si capiva più chi poteva fare cosa...), gli inglesi hanno mollato il colpo. All’origine di molti di questi problemi c’è un quadro regolatorio barocco, confuso, che non offre indicazioni univoche a chi voglia venire in Italia e intenda realizzare opere di tale natura. Inoltre, nel lungo (e ormai infruttuoso) processo di concertazione non si capisce per quale motivo tra gli attori fondamentali della commedia ci fossero ad esempio i sindacati, che in tutti questi casi giovano sempre un ruolo di primo piano, contro ogni logica e ragionevolezza. La verità è che una società corporativa e post-fascista, quella italiana, produce un ordine giuridico che di fatto finisce per dare ragione ai più arroganti e a chi urla di più. L’uscita di scena della British Gas è un disastro per molte ragioni. In primo luogo, va ricordato che chi si è reso responsabile di ciò lascia circa mille famiglie senza lavoro. In un Mezzogiorno dai tassi di disoccupazione assai alti e con troppa gente a carico del settore pubblico o impiegata in un privato variamente assistito, una holding privata e straniera disposta a investire e fare business non era qualcosa da farsi sfuggire. È chiaro che i burocrati della piccola politica di sempre e i militanti delle parrocchiette ecologiste non conoscono la distinzione tra «posto» e «lavoro», ma perdere questi investimenti britannici (si parlava di 800 milioni) è davvero un crimine. Per giunta, per varie e ben note ragioni (anche di natura geopolitica, poiché non possiamo troppo dipendere dalle condutture che ci portano il gas russo e tunisino) la costruzione dei rigassificatori è cruciale. Sono impianti indispensabili a introdurre più concorrenza nel mercato dell’energia ed è anche dalla realizzazione di queste realtà che dipende il futuro del Paese.

Prendiamone atto: non si predica per anni lo sciocchezzaio dell’ambientalismo radicale e non si ripetono di continuo ai quattro venti le solite banalità sulla decrescita senza che questo, prima o poi, produca risultati. Ora, però, si spera che chi ha causato tutto ciò abbia almeno la dignità di non chiedere soldi pubblici per far fronte al disagio del Sud. A questo punto, per favore, è necessario un minimo di decenza.

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