Kabul - Daniele Mastrogiacomo, il giornalista di Repubblica in mano ai talebani da otto giorni "è in buona salute" e i fondamentalisti islamici hanno avviato "contatti indiretti" con l’Italia per intavolare trattative per la sua liberazione. Lo ha dichiarato ieri, al corrispondete dell’agenzia France press di Kandahar, l’ex capitale spirituale dei talebani, Qari Youssuf Ahmadi portavoce ufficiale dei guerriglieri islamici. L’inviato in ostaggio sta bene "ed è tenuto prigioniero in una base dei talebani" ha sostenuto il megafono dei fondamentalisti. "Abbiamo avuto una serie di contatti indiretti con gli italiani", sostiene Ahmadi confermando che sono stati aperti degli spiragli di trattativa. I contatti indiretti potrebbero essere personalità afghane messe in pista dall’ambasciata e dalla nostra intelligence impegnata sul delicato rapimento.
Le condizioni "L’italiano verrà rilasciato, ma solo a determinate condizioni", è il messaggio che invia al Giornale un comandante talebano molto vicino a Dadullah, il feroce capo dei fondamentalisti islamici nel sud, dove è stato rapito Mastrogiacomo. Le condizioni dei talebani sono di carattere politico, ma pure concrete, come lo scambio di prigionieri. La richiesta propagandistica è quella del ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan e quando si fa presente che difficilmente sarà esaudita il comandante talebano ridacchia. Invece è ben più realistica la richiesta della liberazione di alcuni prigionieri talebani in cambio della vita del giornalista italiano. La lista che i talebani stanno perfezionando sarà composta da una quindicina di nomi, molti dei quali servono da paravento per il vero obiettivo dello scambio, che dovrebbe limitarsi a quattro prigionieri. Due si trovano nelle carceri di Kabul ed uno di questi è Mohammed Hanif, portavoce storico dei talebani. Gli altri due, invece, sono detenuti a Bagram nella grande base americana a nord della capitale.
I sequestratori I sequestratori di Mastrogiacomo hanno fatto inserire, nella lista dei prigionieri da scambiare con il giornalista italiano, alcuni comandanti con i quali sono legati da rapporti familiari o di clan. Mastrogiacomo non sarebbe nelle mani di Dadullah, ma del "governatore ombra" dei talebani nella provincia di Helmand, che si fa chiamare con il nome di battaglia di mullah Adib. In realtà si tratta del mullah Abdul Rahim, quasi quarantenne, della tribù pashtun Isakzai, che ai tempi del regime talebano comandava la base di Shindad, nella provincia di Herat, dove sono impegnati quasi mille soldati italiani. Abdul Rahim risponde a Dadullah e mullah Brother, un altro influente comandante talebano, ma è più vicino a quest’ultimo, secondo Sher Mohammed Akhund, l’ex governatore di Helmand. Dadullah ha fatto spostare Mastrogiacomo in una zona più «sicura» rispetto ai bombardamenti della Nato, ma non può decidere da solo la sorte del giornalista italiano. Oltre alle pressioni dei sequestratori per lo scambio di prigionieri, il destino dell’inviato di Repubblica dipende dalla Shura dell’emirato islamico, ovvero il consiglio decisionale supremo dei talebani composto da una decina di membri e presieduto da mullah Omar, il leader guercio dei fondamentalisti.
Le difficoltà Il problema è che la trattativa che sta portando avanti l’intelligence, attraverso canali afghani, rischia di arenarsi proprio sullo scambio di prigionieri, in particolare quelli detenuti a Bagram. Gli americani si sarebbero messi di traverso dimostrandosi ben poco disponibili a mollare dei comandanti talebani per aiutare gli italiani. Non a caso è arrivato ieri a Kabul il fondatore di Emergency, Gino Strada. L’organizzazione umanitaria italiana ha un ospedale a Lashkargah, il capoluogo di Helmand, ed è stata decisiva nella liberazione, lo scorso anno, di Gabriele Torsello, il free lance rapito nella stessa area. Strada ha spiegato che Emergency si è offerta come tramite per facilitare i contatti con i rapitori, se le trattative in corso dovessero arenarsi.
Alla delicatezza della situazione si aggiungono gli attacchi kamikaze, che ieri hanno colpito proprio Lashkargah. Un terrorista suicida si è fatto esplodere cercando inutilmente di colpire un convoglio nelle vicinanze del Prt, il centro di ricostruzione provinciale della Nato. Un altro suicida è saltato in aria davanti ad un centro di reclutamento dell’esercito afghano.
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