Simone Mercurio
Poteva mancare in queste ricche giornate di eventi musicali dellestate romana il concerto del «principe» per eccellenza della musica italiana? Certamente no. Dopo Franco Battiato mercoledì, Ivano Fossati venerdì ed Edoardo Bennato domenica, in questo immaginario gotha romano della canzone dautore italiana arriva questa sera Francesco De Gregori, in concerto nel Teatro Romano di Ostia Antica, dalle 21.30 allinterno della rassegna «Cosmophonies».
Il suo recente lavoro discografico Calypsos, uscito lo scorso 17 febbraio, ci ha proposto un De Gregori più intimo e forse anche più romantico rispetto a quanto eravamo abituati ad ascoltare. Un De Gregori che torna come raramente ha fatto nel corso della sua ultra trentennale carriera a pronunciare la frase «ti amo» in una canzone. Lha fatto in un brano dal titolo, in verità molto poco romantico Cardiologia.
Nove canzoni in Calypsos: fra gli altri anche un brano Per le strade di Roma, che è un affettuoso omaggio alla Capitale. «Roma è la mia città e ci vivo bene - aggiunge De Gregori -. Abito in Prati, esco poco per locali, ma faccio la vita di quartiere. Vado in giro, faccio la spesa, esco da casa con la mia chitarra sotto braccio. Roma ha i problemi di una grande metropoli ma esiste ancora una vita di quartiere: ogni rione è un po come un paesello con le sue abitudini».
Una città, Roma, che il cantautore ha cantato o citato più volte nella sua musica. Nel disco Viaggi e Miraggi del 96, per esempio, Roma veniva definita persino come «una cagna in mezzo ai maiali». «Era solo una canzone! Nei miei testi tendo sempre a sintetizzare estremizzando - si giustifica lautore di Generale -. Il fatto è che Roma è stata da sempre una città accerchiata ma accogliente, che si offre, ma che da sempre subisce lo sfruttamento. Ma Roma è davvero una città aperta come la sua gente: nessuno qui si sente estraneo».
Oltre al recente lavoro, non mancheranno questa sera naturalmente i vecchi successi che lartista romano ci ha abituato, da qualche tempo, a sentire stravolti e (a volte) irriconoscibili. Come il suo mentore Bob Dylan, la scorsa settimana a Roma, il «principe» si annoia decisamente a rifare i suoi pezzi storici sempre uguali, così ama riarrangiarli e, a volte, stravolgerli. Dallalto dei suoi 55 anni, un artista che è dunque sempre vitale e dinamico: «Sono come Grosso - ha scherzato -. Con quel rigore ci ha fatto capire che lui stava semplicemente giocando».
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