Ecco il decreto: parte il federalismo

RomaL’asse Berlusconi-Bossi regge e, se possibile, si rafforza. Il governo, infatti, preme l’acceleratore sul federalismo, convoca un consiglio dei ministri straordinario alle 19.30 e approva definitivamente il decreto legislativo sul fisco comunale nella versione su cui la commissione Bilancio del Senato aveva espresso parere favorevole lo scorso 1 febbraio. Dunque, con tutte le modifiche apportate in seguito all’intesa con l’Anci. Un atto che fa esultare Bossi: «Finalmente i Comuni avranno le risorse senza andarle a chiedere col cappello in mano. I soldi resteranno sul territorio dove sono stati prodotti. La Lega mantiene le promesse e porta a casa un risultato concreto nell’interesse dei cittadini».
Per tutta la giornata, tuttavia, proprio il provvedimento sul federalismo ha fatto tremare la maggioranza. Nel primo pomeriggio, infatti, era prevista la votazione della commissione Bicamerale sul provvedimento per un parere non vincolante ma politicamente «pesante». Fino all’ultimo Bossi e Calderoli avevano cercato un’ampia maggioranza per superare il probabile impasse del pareggio. Tanto che in mattinata Bossi ha incontrato il presidente della Camera per convincere il finiano Baldassarri a cedere. Secondo ricostruzioni poi smentite dal suo portavoce, Fini avrebbe garantito il «sì» sul federalismo ma soltanto in futuro, e senza Berlusconi premier. In sostanza: voi abbattete il Cavaliere e noi vi diamo quello che chiedete. Un ricatto avanzato in passato e già respinto dal Senatùr. Morale: voto in commissione in perfetto pareggio, 15 a 15, ossia un «non parere». Per le opposizioni, un voto contro. A questo punto in tanti hanno rievocato le recenti parole di Maroni («O maggioranza sul federalismo o urne»), e l’attenzione s’è spostata sul Carroccio. Che farà? Staccherà la spina e si andrà alle elezioni anticipate?
Convocato un vertice a palazzo Grazioli, i big di Lega e Pdl hanno di fatto siglato un patto: avanti con le riforme perché i numeri ci sono. Berlusconi ha rassicurato l’amico e alleato che anche il voto sul caso Ruby avrebbe dimostrato, come poi avvenuto, che la maggioranza regge e reggerà. Bossi, dal canto suo, ha chiesto rassicurazioni sull’iter del federalismo e suggerito di mandare avanti subito il testo approvato dalla commissione Finanze del Senato.
Durante il summit, poi, è sorto il nodo della composizione della bicameralina. La tesi della maggioranza: l’attuale composizione non rispecchia più gli equilibri politici del Parlamento e pertanto va rivista. «Avremmo potuto chiedere ai presidenti di Camera e Senato di intervenire sulla composizione - ha spiegato La Russa -, dal momento che non è rispettata la “proporzione” di cui parla l’articolo 3 della legge istitutiva della Bicamerale ma non lo abbiamo fatto. E questo anche perché confidavamo sul fair play di Baldassarri, che fino a pochi minuti prima aveva fatto capire che non avrebbe votato contro, al massimo si sarebbe astenuto». E sarà questo il prossimo terreno di scontro con Fini che, ancora una volta sconfitto, ha mostrato gli artigli: «Con il voto della bicameralina si è manifestata una situazione senza precedenti e il provvedimento va senza dubbio considerato bocciato».

Secca la replica della maggioranza: «Esistono alcune centinaia di casi di “non parere” (quello che lui chiama bocciatura) di commissioni su decreti del governo - ha graffiato Osvaldo Napoli - Il decreto sul federalismo non è stato bocciato per la ragione, sfuggita a Fini, che una commissione consultiva non può bocciare nessun atto del governo. L’unica cosa davvero senza precedenti è un presidente della Camera fazioso e di parte come è Gianfranco Fini».

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