RomaTrentaquattro, ma meno qualcosa, dipende da come va e soprattutto da cosa si rischia. Se di mezzo cè il posto a Montecitorio, diversi neo-fillini (Futuro e libertà) sono pronti a mollare. Non per tradimento, né per irriconoscenza a Fini a cui in gran parte devono lapprodo politico. Trattasi di gradazioni diverse del dissenso verso la leadership carismatica di Berlusconi. In verità i duri e puri della rivolta anti-Silvio sono una pattuglia ristretta, gli uomini più legati a Fini da un vincolo storico e personale (tipo Lamorte, la Perina, la Bongiorno, Urso, Ronchi), oppure quelli che più hanno da guadagnarci da unesposizione mediatica per loro impensabile dentro il Pdl (i Granata, i Raisi, i Barbareschi). Gli altri, i finiani che stanno un passo dietro la prima linea, scrutano invece lorizzonte con molta circospezione.
Ma chi sono i finiani pronti a mollare se le cose si mettessero male? Premessa indispensabile: qui sono possibili solo supposizioni, sulla base dei rumors - sì, ma provenienti da deputati ben informati, tra cui i finiani stessi - che girano a Montecitorio. I nomi che si fanno sono quelli di Catia Polidori, Giorgio Conte, Souad Sbai, Gianfranco Paglia, Giuseppe Consolo, Maurizio Saia. La Polidori è uno degli inaspettati acquisti di Fli. Lei, già presidente di Confapi giovani, imprenditrice nellazienda di famiglia (ramo costruzioni e materiali edili) è legata a Berlusconi da un rapporto di stima non minore di quello che la lega a Fini. La differenza è che la Polidori porta in Parlamento le istanze delle piccole e medie imprese, che nellasse Berlusconi-Bossi-Tremonti si possono riconoscere, mentre nel centrismo finian-casiniano trovano solo incognite. Per questo si racconta di una sfuriata che la Polidori avrebbe ricevuto dalla galassia di imprenditori che fanno riferimento a lei, e che non avrebbero ben compreso la sua adesione alla fronda finiana. Anzi, «finina», come direbbe Giuseppe Consolo, un altro deputato di Fli ma fermo su posizioni di indipendenza politica, e insofferente rispetto agli esagitati sostenitori di un Fini tout court contro Berlusconi. Consolo si era già fatto notare per lassenza durante il voto su Caliendo, la prima prova di forza del neo gruppo Fli chiamato da Fini ad astenersi. Lui aveva fatto sapere di non potersi astenere perché convinto difensore dellinnocenza di Caliendo. Un segnale di ripensamento? Non ancora, anche se Consolo lavora ad una riappacificazione. Se invece si andrà alla guerra senza quartiere, seguendo i cattivi consigli dei «finini» (e dei «berlus-cloni»), potrebbe decidere di tornare sui propri passi, almeno così pensa un finiano insospettabile.
Un altro deputato incline al dialogo e tentato dal ritorno «a casa» se la scelta fosse di passare allopposizione del Pdl, è Souad Sbai, unica parlamentare transitata nel nuovo gruppo presente laltra sera a Villa Miani alla cena del premier coi deputati Pdl. Tra i «futuristi con riserva» ci sarebbe anche Giorgio Conte, vice capogruppo alla Camera di Fli. In colloqui privati avrebbe fatto capire che è fedele al progetto, ma solo se non si arriva ad uno scontro plateale col Pdl. Diversi i casi del deputato Gianfranco Paglia (medaglia doro dellEsercito, legato da patto donore con Fini ma non disposto a tramutarsi in un oppositore del Pdl) e del senatore Maurizio Saia, di cui qualche finiano in Parlamento ha registrato i malumori. Pesano in tutto questo anche gli spazi di visibilità e le cariche assegnate ad un pool ristretto di finiani, lasciando nellombra gli altri.
Senza contare che due dei famosi 34 alla Camera, per ragioni diverse, hanno un tasso di assenza molto alto. Mirko Tremaglia, storico «padre» di An, per motivi di salute è dovuto mancare finora al 76,29% per cento delle votazioni alla Camera. Un altro finiano, il deputato eletto in Argentina Giuseppe Angeli, è invece assente il 44% dei casi.
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