L’altro Garibaldi, il comandante di Marina, quello che nelle rimembranze di storia patria, e nelle celebrazioni, passate e in arrivo, si ricorda di meno. Ecco quello che emerge dal saggio intitolato Diario di bordo del capitano Giuseppe Garibaldi di Davide Gnola appena pubblicato da Mursia (pagg. 226, euro 17).
Eppure anche se il Garibaldi che affrontò gli oceani di mezzo mondo - gia da mozzo del brigantino «Costanza» si impratichì di scontri all’arma bianca rintuzzando i pirati greci che infestavano la rotta verso il Mar Nero - è quello meno praticato dalla storiografia era il generale stesso a raccontare dell’importanza fondamentale del quel suo praticantato, e della sua ascesa nei ranghi della marineria (iscritto nel Registro dei mozzi di Nizza nel 1821, primo ufficiale nel 1827, Capitano di seconda classe nel 1832). Così ricorda, pieno di orgoglio, nelle Memorie a proposito della sua esperienza di comandante corsaro, è stato anche quello, al servizio della breve ed effimera Repubblica del Rio Grande do Sul: «Lanciato sull’Oceano con dodici compagni a bordo d’una garopera, si sfidava un impero...».
E se le esperienze di Giuseppe prima di diventare l’Eroe dei Due Mondi furono davvero molte, compreso l’assistere all’eruzione che diede vita per pochi mesi all’Isola Ferdinandea, la marineria si rivelerà anche essere una dote fondamentale per lo sbarco in Sicilia. Davide Gnola, direttore del Museo della Marineria e della Biblioteca di Cesenatico, queste vicende e questi legami li racconta tutti, anche la famosa questione della presenza o meno di Garibaldi su una nave negriera. Ma al suo libro aggiunge anche qualcos’altro: un piccolo inedito. Analizza il «Giornale di bordo del bastimento Georgia e del brigantino Carmen ecc...» e ne pubblica la parte autografa di Garibaldi. Il testo è strettamente legato al calcolo delle rotte e alla routine dei viaggi per mare, copre il periodo 1850-57, i molti viaggi compiuti dal futuro dittatore delle Due Sicilie che lui in seguito raccontò pochissimo. È in massima parte è vergato in un inglese piuttosto rudimentale (l’“Eroe” si applicava ma le lingue non erano il suo forte).
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