Ecco i forzati del mare in tempesta

RomaMacinano chilometri, ma non conoscono le passerelle. Sono il nuoto della fatica, il fratello povero della piscina. In molti sono emigrati dalle vasche alle acque libere per cercare gloria. Il fondo entra finalmente in scena in questi Mondiali dopo la mareggiata che a Ostia ha devastato il pontile della partenza e arrivo. Lo “scherzetto” è costato circa centomila euro di spese aggiuntive all’organizzazione, che oggi manderà in scena – in ritardo di due giorni sull’iniziale programma - le 5 chilometri femminili e maschili. Il nuovo calendario costringerà a un tour de force 22 fondisti e 25 fondiste, impegnati in 24 ore anche nella prova sulla doppia distanza. Ma cosa spinge un atleta a nuotare in acque aperte per 25 chilometri? «Da sempre l’uomo ha voluto essere il più veloce, il più forte e il più resistente – spiega Massimo Giuliani, ct azzurro del fondo da 15 anni, ovvero dal precedente Mondiale romano -. Ecco perché c’è chi nuota per sei ore o fa i 42 chilometri della maratona».
Il litorale della Capitale farà da palcoscenico ad una disciplina ora anche olimpica, riproponendo un circuito aperto in mare con tutte le variabili del caso. «Nuotare in acqua libera è completamente diverso - sottolinea Giuliani -. C’è innanzitutto l’incognita delle correnti: a Ostia, essendo il campo di gara un quadrilatero, gli atleti le prenderanno a destra e a sinistra. Nel mare poi il vento soffia in un verso e le correnti vanno in un altro, abbiamo consigliato ai nostri di passare dalle parte interna tra barca e spiaggia, guadagnando almeno un metro. Botte e spintoni con gli avversari sono un’altra incognita, si può perdere la concentrazione e innervosirsi, ma l’importante è non reagire per non sprecare energie. Il fattore meduse, in numero sempre più crescente nel mar Mediterraneo, non dovrebbe esistere, ma se ci fossero il rischio è di irritazioni a braccia e gambe. Infine, la temperatura dell’acqua: il mare di Ostia è 24 gradi, l’ideale per una gara di fondo. Se è troppo fredda può diminuire la potenza aerobica, se troppo calda può irrigidire i muscoli». Una squadra, quella italiana, che si presenta molto rinnovata e ringiovanita. «Alla luce dei risultati degli Europei di Dubrovnik, dove abbiamo preso sei medaglie, siamo la migliore formazione continentale tra uomini e donne – precisa Giuliani – E le nostre possibilità di medaglia sono inversamente proporzionali all’aumento della distanza».
Il fiore all’occhiello è Valerio Cleri, capace di nuotare 150 chilometri alla settimana: gareggerà nella 10 e nella 25, con ottima possibilità di salire sul podio. «E’ un uomo di gruppo, ma anche un solitario – lo descrive Giuliani -. Ogni tanto vuole stare per i fatti suoi, tanto che non c’era nell’ultima riunione tecnica. Ma è uno serio, se dà una parola è quella, ma esige altrettanto dagli altri. Nel collegiale ho fatto tesoro di una sua frase agli Europei: “Mi è piaciuto il gruppo, si è riso molto”. Ecco, ho cercato di trasmettere questo messaggio alla squadra del Mondiale». Memorabile l’impresa di Cleri a Dubrovnik: le condizioni erano talmente impossibili che si voleva fermare la gara.

Cleri, in quell’acqua impazzita, ha dato il meglio di sé, vincendo l’oro con sei minuti di vantaggio. «Era una furia tra le furie - ricorda Giuliani – l’acqua imbizzarrita lo scatena». Per lui la variabile mare è solo una sfida nella sfida.

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