da Roma
A Roma un tempo si parlava di voragini solo a proposito delle malmesse strade capitoline, che costringevano e costringono centauri e automobilisti ad avventurose gimkane continue. Ora spunta un buco nei bilanci che fa anche più paura: un miliardo di euro, forse di più. Il sindaco Gianni Alemanno veste i panni del pompiere, ostenta prudenza ma tradisce comunque un po dansia per la situazione contabile. E convoca un tavolo di concertazione con le parti sociali per il 16 giugno. Scopo: «Illustrare la realtà della situazione del bilancio del Comune di Roma». Per quella data sarà anche pronto il dossier sul «caso Roma» stilato dagli ispettori del ministero del Tesoro.
Insomma, anche se il rischio di una bancarotta al momento appare lontano e sembra scartato dallo stesso ministro Giulio Tremonti, la questione cè ed è grossa. Dal giorno del suo insediamento, a proposito dei debiti ereditati dal «modello Roma» di Walter Veltroni, Alemanno va professando cautela, pur preoccupato da quei 7 miliardi di euro che lex assessore al Bilancio, Marco Causi, garantiva, e garantisce, essere comunque coperti. Due giorni fa il primo cittadino ribadisce: «Il problema non è se il debito è di 7 o 8 miliardi, il problema è se è sostenibile». La tensione cresce, anche perché il 29 maggio dalla ragioneria generale del Campidoglio parte una circolare diretta a tutti i gangli della macchina comunale e fino ai municipi con un semplice diktat: signori, chiudete i portafogli.
Insomma, uno stop generalizzato alle spese, escluse quelle già impegnate e che, col pagamento di penali, finirebbero per peggiorare la situazione. Chiusi i rubinetti finché la situazione-conti non sarà chiara. È la bagarre. «La circolare è una misura cautelativa che arriva quando non è ancora stato fatto lassestamento di bilancio», spiega Alemanno, ammettendo che dietro alla richiesta di tagli cè il «problema del bilancio comunale». Il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, coordinatore laziale di Fi, parla di «bilancio fuori controllo e vicino al dissesto», e ipotizza un «buco» di due miliardi: «Avevamo detto che il debito lasciato in eredità da Veltroni non era di 7 miliardi ma vicino ai 9. I fatti sembrano darci ragione». Il Pd alza gli scudi e difende il «modello Roma», lex assessore Causi minimizza. «La situazione non è tanto grave», spiega, giustificando la lievitazione della cifra con gli investimenti per le infrastrutture, metropolitana su tutte, spalmate dalla giunta Veltroni nel triennio 2008-2010. Sono 3,5 miliardi di euro.
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