Ecco l’integrazione alla francese: cantare la Marsigliese a scuola

Il premier Fillon introduce nuove misure: in tutte le aule tricolore e dichiarazione dei diritti dell'uomo 

Ecco l’integrazione alla francese: 
cantare la Marsigliese a scuola

Il tricolore in classe e la Marsigliese cantata almeno una volta all’anno a scuola. A questo hanno portato per ora i tre mesi di contestato dibattito sull’identità nazionale in Francia. L’iniziativa, lanciata dal presidente Nicolas Sarkozy a ottobre e portata avanti dal suo fedele ministro dell’Immigrazione Eric Besson, prende una nuova strada. Il premier François Fillon ha annunciato lunedì l’introduzione di una serie di misure simboliche e ha parlato della creazione di un comitato di esperti, da istituire per «rendere più profonda» la discussione. Poi, dopo le elezioni regionali del 14 e 21 marzo, sul tema interverrà il presidente. Ma per alcuni, il dibattito rischia di finire qui: «Non è stato condotto in maniera efficace - spiega al Giornale Bruno Jeudy del Figaro - il tema dell’identità nazionale aveva funzionato nella campagna presidenziale del 2007, non questa volta: si sono create molte polemiche».
Entro l’estate, saranno introdotte le misure annunciate dal primo ministro: oltre alla bandiera e all’inno nazionale, in ogni classe sarà presente una copia della «Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino» del 1789; sarà rafforzato l’insegnamento dell’educazione civica e del francese.

«La montagna ha partorito un topolino», ha detto al quotidiano Le Monde lo storico Olivier Le Cour Grandmaison parlando dei tre mesi di dibattito. La discussione su «Cosa significa essere francesi», appoggiata dal presidente Sarkozy, ha fin da subito creato polemica e scontro. L’obiettivo era quello di allargare l’iniziativa a tutte le province francesi, attraverso il coinvolgimento di comuni e amministrazioni locali. In tre mesi, si sono tenuti 350 incontri in tutto il Paese e secondo Besson, il sito internet appositamente creato dal suo ministero avrebbe ricevuto oltre 55mila contributi. Ma i detrattori e l’opposizione francese hanno definito l’iniziativa della destra sarkozista una mossa elettorale: in vista delle regionali di marzo, in cui la sinistra è favorita, il partito di maggioranza, attraverso i temi caldi di immigrazione, integrazione, islam in Francia e identità repubblicana, cercherebbe di mettere in imbarazzo l’opposizione. Ma non soltanto: «Il presidente ha pensato che innescando il dibattito sull’identità - spiega al Giornale lo storico Alexandre Adler - avrebbe attirato parte dell’elettorato più popolare legato alla destra radicale del Fronte nazionale». Per alcuni, però, il dibattito avrebbe esacerbato gli odi razziali e c’è chi lega il ritorno di episodi xenofobi alla discussione: lunedì svastiche e insulti sono comparsi sui muri di una moschea a Saint Etienne, nel centro.
Il dibattito sull’identità si è presto trasformato in dibattito sull’integrazione, sull’islam in Francia e sul velo integrale. Nel Paese vive la più grande minoranza islamica in Europa: cinque-sei milioni di musulmani.

La stessa destra di Sarkozy si è divisa sul tema: il primo ministro Fillon ha a lungo evitato di prendere posizione, entrando solo ora nel campo di Besson per dare una nuova direzione all’iniziativa. «Dobbiamo riaffermare i valori dell’identità nazionale e l’orgoglio d’essere francesi», aveva detto a ottobre Monsieur Immigration, l’uomo che ha portato a termine il mediatico e controverso sgombero della «Giungla» di Calais, campo per immigrati clandestini nel Nord, e che pochi giorni fa ha rifiutato la cittadinanza a un uomo che obbligava la moglie a indossare il velo integrale.
Il ministro Besson ha portato avanti il dibattito con determinazione e convinzione, diventando però il bersaglio dei mass media più vicini all’opposizione e non soltanto. «Eric Besson, l’uomo più odiato di Francia», era la copertina del settimanale Marianne a dicembre. «Identité nationale, il fiasco di Besson», titolava ieri Libération. I tre mesi di dibattito hanno isolato il politico: «Ne è uscito colpito», spiega Aldler. Lui resta comunque l’uomo più discusso di Francia e soprattutto, dice Jeudy, «il politico più amato dal presidente». L’ex deputato socialista che lasciò la sinistra nel 2007, in piena campagna elettorale, per unirsi, sempre in campagna elettorale, all’Ump di Sarkozy, è odiato dai suoi ex compagni perché ritenuto un «traditore» e guardato con diffidenza dalla destra. Amante del calcio e delle scappatelle, il chiacchierato Besson è ritenuto sia dalla maggioranza sia dall’opposizione un politico intelligente e faticatore.

Sarà sotto sua tutela la nuova commissione di esperti sull’identità nazionale, anche se in pochi pensano che la discussione sopravviverà alle regionali. «Dopo il voto - dice Jeudy - si parlerà ancora di velo integrale, perché dovrà essere votata una risoluzione parlamentare, ma il prossimo dibattito che appassionerà il Paese sarà quello sull’età della pensione».

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