Ecco la McLaren: forse è l’ultima

Presentata la MP4-23 con Ron Dennis nel mirino per la spy-story: la Mercedes ora vuole il team tutto per sé

nostro inviato

a Stoccarda

Sull’asse Stoccarda-Maranello si avvertono i postumi della spy story. Ancora qua e là dei sospetti, ancora risposte talvolta evasive. Ma se a Maranello si sente, forte e alto, il rombo della F2008 che debutta e gira con Raikkonen, qui in casa Mercedes si avverte più che altro un’aria di cambiamento. Perché l’abbronzatura di Ron Dennis, boss McLaren, l’uomo che ha difeso fino all’ultimo l’innocenza del proprio team dalle malefatte degli Stepney e dei Coughlan, non nasconde lo sguardo triste di chi ha fatto la figura del bugiardo, e di chi intuisce che il giocattolino a quattro ruote potrebbe sfuggirgli di mano.
Lo pensano un po’ tutti nel grande edificio del Museo Mercedes, sede scelta per il primo lancio della monoposto anglo-tedesca in terra teutonica. Lo pensano tutti soprattutto quando notano che a Ron Dennis sono state lasciate giusto alcune dichiarazioni di rito, che lui pronuncerà nervoso e sbrigativo, concludendo con un inquietante e illuminante: «Ma adesso lascio la parola a chi è il vero padrone di casa». Ovvero, il gran capo della Daimler, herr Dieter Zetsche. Solo più tardi, ma proprio un attimo, Dennis aggiungerà: «Guardo al futuro, stiamo valutando ma vi assicuro che non c’è alcuna decisione in vista che riguardi la posizione di qualcuno».
Intanto, però, il luogo prescelto per il lancio (giovedì il debutto a Jerez) della Mp4-23 è casa Mercedes, intanto Norbert Haug, l’omone a capo della stella a tre punte in F1, ancora alla vigilia, riguardo alle voci sulla voglia di prendere in mano tutto, ribadiva «non c’è nulla, è la stessa situazione di prima, ma abbiamo delle opportunità». Facendo di conto, le percentuali rendono meglio il perché della smorfia triste di Dennis: Ron, assieme al socio e amico di una vita, il miliardario libanese Mansour Ojjeh, detiene il 30%; il 40 è in mano alla Mercedes, il restante 30 è della famiglia reale del Bahrein. Ovvio che la scalata è ogni giorno possibile.
Si vedrà. Intanto, sempre per non abbandonare l’asse Stoccarda-Maranello, ecco apparire sul palco la nuova McLaren: bella è bella, come sempre; però dietro a una miriade di soluzioni aerodinamiche che la ritoccano un po’ ovunque rispetto a quella dello scorso anno, qualcuno nota certe somiglianze con la Rossa. Poca roba, frutto più delle rigide indicazioni del regolamento, forse suggestioni figlie di mesi molto spy. Non sono invece sensazioni, ma parole virgolettate, quelle che giungono nel grande edificio tedesco direttamente dal circuito di Fiorano. Il presidente della Ferrari, Luca di Montezemolo, dice ad esempio: «La Fia ha saputo dimostrare a tutti che ci sono regole e che chi non le rispetta trova qualcuno che gliele fa rispettare. Ora do per scontato che non ci saranno più veleni». E sull’ormai celebre centralina unica per tutti i team prodotta dalla McLaren, ecco intervenire duro lo stesso Jean Todt: «Noi come altri avremmo preferito un’altra azienda fornitrice... La Fia sa che temiamo dei rischi... Almeno all’inizio, per la McLaren sarà un vantaggio». Pronta la replica di Martin Whitmarsh, ad McLaren, in pratica, fino a che Dennis non avrà concluso il purgatorio, il vero boss del team: «No, non abbiamo alcun vantaggio... Certo, non possiamo dire di essere penalizzati, però stiamo incontrando anche noi dei problemi».

È categorico a chi gli chiedeva se il progetto della nuova McLaren fosse handicappato per via dell’investigazione Fia (il team ha buttato via tre schemi che la Fia riteneva ispirati ai dati Ferrari: un paio sui sistemi di frenata e uno sul gonfiaggio delle gomme): «Queste cose ci hanno distratto dal lavoro, ma non penalizzato. Li abbiamo tolti spontaneamente, non volevamo che sorgessero altre questioni quest’anno». Eppure, nessuno toglie dall’aria la sensazione di aver assistito alla nascita dell’ultima McLaren di nome McLaren.

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