Ecco la "nuova" manovra C'è l'intesa tra Berlusconi e Bossi

Oggi ad Arcore il summit decisivo tra Berlusconi-Bossi e Tremonti con l’esito sperato: l’accordo s’è trovato dopo i contatti diplomatici delle ultime ore. Sul tavolo la manovra e il futuro del Paese. Quello di oggi è il vertice del compromesso. Il Pdl plaude al metodo: più confronto e meno decisionismo dei leader. Dal decreto scompare la supertassa, le risorse trovate con l'aumento dell'Iva. Diminuiscono i tagli agli enti locali, ma oggi i sindaci protestano a Milano. Leggi tutte le novità

Ecco la "nuova" manovra 
C'è l'intesa tra Berlusconi e Bossi

Roma - Il gran giorno è arrivato: la quadra c’è. Oggi ad Arcore il summit decisivo tra Berlusconi-Bossi e Tremonti con l’esito sperato: l’accordo s’è trovato dopo i contatti diplomatici delle ultime ore. Sul tavolo da gioco la manovra e, volendo drammatizzare, il futuro del Paese. Silvio, Umberto e Giulio: tre attori alla ricerca di un lieto fine dopo un’estenuante tira e molla. Osservatore spietato: il mercato e gli speculatori finanziari, pronti al giudizio finale col loro cinico pollice. Quello di oggi è il vertice del compromesso, dove ogni attore sarà per forza costretto a cedere qualcosa e nessuno avrà il coraggio di dire: ebbene sì, ho perso. E ognuno, al termine della partita, cercherà di far risaltare il proprio goal.

Lo farà il Pdl, in ogni caso interessato a modificare la manovra così com’è stata approvata il 12 agosto scorso. A portata di mano l’obiettivo numero uno: cancellare quell’odioso contributo di solidarietà a partire dai redditi superiori a 90mila euro. Quello per cui Berlusconi disse: «Il mio cuore gronda sangue». Una sorta di super Irpef che mette le mani nelle tasche dei ricchi che ricchi non sono. Il sogno, quello di sbianchettare questa norma, sarebbe a portata di mano. Ma i soldi da qualche parte vanno trovati perché sul paletto del «saldo invariato» non si può scherzare. La soluzione è l’altra «vittoria» pidiellina: l’aumento dell’Iva. Vero: è un ritocco in su alle imposte ma in fondo altri Stati europei ce l’hanno più alta della nostra e non è assolutamente scontato che sia una misura recessiva. Ossia che per forza porti con sé una riduzione dei consumi. Quanto? Un punto percentuale subito, forse un altro mezzo o due tra un po’ nell’ambito di una prossima rivoluzione fiscale. Tecnicismi che verranno affrontati e nodi che verranno sciolti oggi. Su pensioni e Province è il gioco del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. C’è chi dice: «Male, avremmo dovuto imporci di più e non rimandare il problema». C’è chi ribatte: «Bene, sono temi che restano in campo e cose che si faranno più in là». Altra sicura vittoria è legata al metodo. Soffia un vento nuovo nel partito e qui tutti concordano: finalmente si discute, si è aperto al dialogo e al dibattito. Dialogo nei confronti di tre soggetti: Lega, governo e Tremonti.

Dirà «ho vinto io» pure la Lega. S’intesterà il risultato, un po’ demagogico a dir la verità, di poter gridare: «Abbiamo salvato le pensioni». Nessuno aveva in mente di togliere alcunché ma mediaticamente il messaggio funziona. «Abbiamo difeso i lavoratori del Nord». Per ora. La riforma previdenziale, infatti, tornerà nell’agenda del governo. Non contestualmente alla manovra ma tornerà. Idem per le Province, difese col coltello tra i denti dai leghisti perché molte governate da loro. Anche in questo caso la vittoria del Carroccio sarà quella di averne rimandato la soppressione a un più generale disegno di legge costituzionale. L’«hurrà» padano arriverà anche dallo scampato taglio agli enti locali. In questo caso, il Carroccio era alleato ai «nemici» Alemanno e Polverini, all’Anci e tutti quei soggetti che avrebbero dovuto tirar la cinghia tanto da dover tirar le cuoia. In pratica Bossi, con la manovra così emendata, riuscirà a placare molti dei malumori interni: militanti del ceto medio e sindaci.

Forse il meno vincente è proprio il ministro dell’Economia. Tremonti non avrebbe cambiato nulla della manovra, sebbene nata con il suggerimento del suo gran nemico Draghi. Il suo ruolo è decisamente ridimensionato e ogni modifica sarà letta dal ministro come una sorta di critica al suo lavoro. Cercherà in ogni caso di far goal sul tema degli eurobond. Uno dei pochi fattori su cui tutti i giocatori in campo sembrano giocare nella stessa direzione. Ma la sua partita non è certo finita qui. Il primo tempo lo vedrà in svantaggio, avendo subìto reti pesanti su Iva, contributo di solidarietà ed enti locali. Ma il secondo tempo potrebbe vederlo in recupero.

Continuerà a dire, sempre che non decida di uscire dal gioco ossia dimettersi: attenti all’Europa, occhio ai conti pubblici. E se la manovra riveduta e corretta non dovesse fare abbastanza da scudo alla tempesta finanziaria, Tremonti potrebbe agire in contropiede. E fare male. Della serie: la crisi continua a mordere. Ve l’avevo detto io.

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