Cultura e Spettacoli

Ecco le opere inventate al momento

«Futuro Presente» ovvero creazioni che non possono essere riprodotte

È cambiato il vento. È arrivato, finalmente, il momento di sorridere, senza nostalgie, dell’immagine dell’angelo della storia, dipinto da Paul Klee e rimirato da Walter Benjamin. Le ali impigliate nella bufera che lo trascinava dal futuro, volava via con la faccia rivolta al passato versando lacrime sulle rovine del tempo, sulle nequizie della tecnica e sull’aureola caduta dai capolavori dell’arte ormai riproducibili all’infinito. È girato il vento. E la ventata di novità soffia esattamente dalla direzione opposta. Arriva con il nome di «Futuro Presente», per sospingere il primo nel secondo. Si abbatte altresì con l’effetto rivoluzionario di un ciclone sulla noia ripetitiva delle riproduzioni, per gettare tra le opere d’arte un creativo scompiglio.
Il sottotitolo del Festival che si terrà a Rovereto da oggi a venerdì 9 maggio (info: 0464-431660) - Arte e nuove tecnologie - fa ventilare qualche presagio. Previsioni, però, non è dato azzardarne. A rigore neanche da programma. Perché le creazioni ospitate quest’anno al Mart di Rovereto per la terza edizione della manifestazione sono tutte più che uniche, irripetibili, irriproducibili: assolutamente imprevedibili. Impossibile descrivere in anticipo le coreografie di William Forsythe, inventate lì per lì trasformando in una danza i passi e i gesti dei visitatori captati da apposite videocamere e proiettati su grande schermo. O le videoinstallazioni di Studio Azzurro, disegnate sulla facciata di due palazzi «rilegati» lungo il filo di una via. Le animazioni vettoriali del tedesco Pfadfinderei, realizzate con la tecnica del cinemascope e messe in movimento e in dialogo con la musica di un dj. O le istantanee sonore del francese Erikm, che fa rifluire nell’alveo della musica elettronica, il tonfo dei sassi della Senna, i fruscii dei vecchi dischi in vinile e i vagiti delle radio d’epoca. O, ancora, impossibile fissare e incorniciare la Fata Morgana che fluttua tra techno, kraut rock e psichedelia nelle composizioni del duo di Colonia Mouse on Mars. O le architetture digitali del canadese Derrick de Kerckhove.
Ma la sfida più ardita alla pretesa di mettere in posa un oggetto d’arte per esibirlo in mostra (non si parli di riprodurlo) è lanciata dall’artista newyorkese Joshua Davis, il maestro del design grafico algoritmico. La bellezza per lui è qualità mutevole e sta nella dinamica casuale. Alla performance roveretana il pubblico potrà interagire con le sue opere, realizzate in bianco e nero e appese a pannelli sotto la cupola del Mart, colorandole, dipingendole e modificandole. Va da sé che nessuno potrà catturare queste creazioni a più mani nel loro risultato finale.

Nemmeno in cartolina o fotografia.

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