Ecco come il Pd farà cadere il governo

La differenza di principio tra il Partito democratico e la sinistra «radicale» si fa più grave non sui temi sociali, ma su quelli degli immigrati e delle sanzioni dello Stato contro i reati da essi commessi.
La sinistra che fa capo a Rifondazione è frutto di un mutamento avvenuto nella sinistra italiana dopo la fine del comunismo russo. La caduta del comunismo russo ha avuto ripercussioni anche nel Pci che doveva al partito russo la sua fondazione genetica e ne aveva incorporato come identità propria il concetto di rivoluzione anticapitalista imposta alla società dallo Stato come organo della verità. Il Pci è divenuto democratico nel metodo, ma non mai socialdemocratico nella dottrina, non ha mai accettato di sostenere il capitalismo come principio nel modo socialdemocratico nemmeno quando dovette cambiare nome. E fu ben attento a non prendere il nome «socialista» e a mantenere il suo atto fondativo nella scissione di Livorno tra il Psi e i comunisti italiani.
Ma la cultura della sinistra è cambiata da allora, non ha più puntato sull’imposizione ideologica e sull’utopia sociale, ma ha mantenuto la tesi che il sistema capitalistico sarebbe entrato in crisi nella società globale in funzione di tutte le contraddizioni che la società globale comporta. Essa infatti fonde in uno spazio unico di comunicazione tutti i diversi tempi e le diverse storie dell’umanità: quasi tutti i punti di evoluzione dell’umanità sono presenti al loro livello nella società globale, creando contraddizione tra lo spazio unico e i tempi molteplici e diversi.
Rimane l’idea di rivoluzione, non come presa del potere dello Stato, ma, al contrario, come disarticolazione di esso. Può essere quindi anche una forma di lotta non violenta perché punta sulle masse e non sulle minoranze, ma sempre di lotta e di rivoluzione si tratta. Tra i postcomunisti del Partito democratico e la sinistra rivoluzionaria in questa nuova forma c’è una grande differenza. Tanto più che il Ds ha rinunciato alla difesa della tradizione socialista e cerca la salvezza ideologica senza l’ideologia unendosi con le clientele democristiane del sud. La sinistra rivoluzionaria ha dunque il monopolio della cultura di sinistra, tanto che riesce a condurre fuori del Partito democratico anche la sinistra intellettuale che fa capo a Fabio Mussi. La sinistra rivoluzionaria è il vero senso che le parole «antagonista» e «radicale» nascondono.
Per spiegare come il contrasto possa divenire acceso, basta notare un episodio: Piero Sansonetti ha accusato Walter Veltroni di fascismo per aver sostenuto che si dovesse concedere ai prefetti la capacità di espellere cittadini rumeni che perturbano in modo grave la pace sociale. Sansonetti vede in questo la cancellazione dello Stato di diritto e la sostituzione dei giudici con i prefetti. Sarà ancora più indignato quando dovrà constatare che il ministro degli Interni intende proporre in consiglio dei ministri proprio quello che ha proposto Veltroni. I temi della sicurezza e degli immigrati saranno al centro della lotta mortale tra la sinistra storica, degradata in Partito democratico, e la sinistra rivoluzionaria. Paolo Ferrero, ministro di Rifondazione, propone la cancellazione della Bossi-Fini e porte aperte all’immigrazione, togliendo allo Stato e conferendo ai Comuni i poteri di certificazione della condizione legale dell’immigrato. Per la sinistra rivoluzionare la società globale vale non solo per il capitale e le merci ma anche per gli uomini. Gli immigrati debbono dunque entrare liberamente in Italia come vi entrano le monete e le merci.
I Ds hanno conservato invece l’idea dello Stato e della nazione. Non a caso lo hanno conservato in modo particolare i sindaci delle grandi città: e Sergio Cofferati è divenuto il simbolo del principio della legalità e dell’integrazione contro quello della libera immigrazione e dell’autogestione degli immigrati. Cofferati è ancora in minoranza nel Ds, ma è anche un punto di riferimento: quando il ministro degli Interni Giuliano Amato propone tolleranza zero e concede ai prefetti il potere di espulsione (pur lasciando incerto quale autorità li accompagnerà alla frontiera), indica una differenza culturale e ideologica tra la linea della sinistra storica e quella della nuova sinistra rivoluzionaria. Ciò che era evidente a tutti prima della formazione dell’Unione si deve ora constatare sul terreno dei fatti. Ciò rende inevitabile la crisi di governo proprio con la nascita del Partito democratico in cui la sinistra storica dovrà parlare il proprio linguaggio e entrare in contrasto con la sinistra rivoluzionaria. Sarà un grande problema questa crisi di governo: inevitabile, perché in essa si compirà la grande divisione della sinistra italiana unita soltanto nella lotta contro Berlusconi.


bagetbozzo@ragionpolitica.it

Commenti