Ecco perché è giusto ritirarci dal Libano

Gli osservatori internazionali la paragonano spesso a un costoso e inutile campo estivo. Anche perchè i 590 milioni di dollari spesi ogni anno dall’Onu per mantenere dodicimila caschi blu nel sud del Libano non hanno impedito a Hezbollah di riarmarsi dotandosi di 40mila nuovi missili.
Dunque consoliamoci, la missione Unifil non è impopolare solo da noi. E probabilmente il presidente del senato Usa John Kerry non si è molto meravigliato quando ieri, durante l’incontro a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi gli ha anticipato la necessità di rivederne la partecipazione. Come stupirsene.
Il primo elemento che balza agli occhi è la disparità tra i 1800 uomini del nostro contingente, e quelli degli altri paesi. La Spagna, nonostante detenga il comando di tutte le operazioni, mantiene in Libano poco più di un migliaio di uomini. E la Francia - nonostante il suo passato di potenza coloniale - contribuisce con poco più di 1300 uomini. Per non parlare dei 190 militari tedeschi, dei 136 danesi e dei 104 belgi. O della totale assenza inglese. A noi intanto quei 1800 uomini in terra libanese costano la bellezza di 213 e passa milioni di euro all’anno. Dare un senso a quella spesa, giustificare la presenza di quei soldati non è facile. I nostri 1800 militari potrebbero contribuire molto più proficuamente a una missione come quella afghana dove sono in gioco la sicurezza internazionale ed il futuro di un paese. Invece restano inutilmente e costosamente prigionieri di una missione superata dagli eventi e dalla geopolitica. Per capirci qualcosa bisogna tornare all’agosto 2006 quando Israele ed Hezbollah - reciprocamente stremati da 40 giorni di guerra sanguinosa - si affidano all'Onu per cercare una via d'uscita. La risoluzione 1701 con cui si pone fine alle ostilità è come sempre un miscuglio d'ipocrisia e buoni sentimenti. Già allora tutti sanno che l'invio di caschi blu in quella zona del sud del Libano compresa tra il confine israeliano e il fiume Litani garantirà una pace temporanea, ma non impedirà a Israele ed Hezbollah di preparare una nuova guerra.
Al tempo la gentile ipocrisia è perlomeno garantita dalla presenza alla testa del governo di Beirut di una coalizione antisiriana. L'esecutivo guidato da Saad Hariri, ha - all'epoca - tutto l'interesse a far collaborare il proprio esercito con i caschi blu e impedire ad Hezbollah di riarmarsi. Oggi non è più così. Hezbollah grazie all'appoggio della Siria e al potente padrino iraniano non solo si è riarmato, ma ha anche usato la ritrovata potenza militare per cancellare i risultati elettorali e mettere con le spalle al muro il governo di Hariri. Cosi a gennaio Saad Hariri ha dovuto rinunciare al ruolo da premier e far posto a Nagib Mikati, un miliardario al soldo del partito di Dio e dei suoi alleati siriani e iraniani. In questa situazione illudersi che l'esercito libanese continui a collaborare con i caschi blu per eseguire il mandato Onu e bloccare il contrabbando di armi al confine è pura, ridicola utopia. Le connivenze con l'esercito del resto garantivano al Partito di Dio totale libertà di movimenti anche prima della conquista del potere politico.
Per capirlo basta dare un'occhiata a un video diffuso la scorsa estate dall'intelligence israeliana. Nel filmato girato il 12 ottobre 2009 da un aereo senza pilota si vedono i caschi blu bloccati dai militanti di Hezbollah alle porte di Tayr Filsay. All'interno di quel villaggio un'esplosione ha parzialmente distrutto un arsenale del partito di Dio. Indifferenti a tutto i militanti di Hezbollah raccolgono le armi rimaste le caricano su due camion e le trasportano 4 chilometri più in là nel villaggio di Dir a Nahar. Il tutto mentre i soldati libanesi e quelli dell'Unifil attendono d'ispezionare l'arsenale ormai svuotato.
Oggi stando all'intelligence israeliana i villaggi trasformati in basi militari di Hezbollah all’interno della fascia affidata all'Unifil sono già un centinaio. Dunque volendo in Libano ci possiamo anche restare.

Hezbollah non si formalizza, fa i propri comodi anche sotto gli occhi dei nostri 1800 soldati e dei loro 10200 colleghi soggetti alle ferree ipocrisie onusiane. Ma c'è il sensato sospetto che spendere 213 milioni all’anno per giocare alle belle statuine tra le colline libanesi non sia - di questi tempi - la più proficua delle occupazioni.

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