"Ecco perché ho investito due alunni"

Il dramma nel Cuneese. Un insegnante di religione vede un gruppo di suoi ex studenti, riconosce due ragazzi e li travolge con l’auto: "Mi avevano reso la vita impossibile, ho perso la testa...". I giovani in ospedale

"Ecco perché ho investito due alunni"

Lui è un professore di religione: 32 anni di onorata carriera alle spalle, impegnato nel sociale e un posto in prima fila in un coro alpino. Loro sono i due bulli della scuola: jeans larghi, giubbino e borsa nera a tracolla. Due mondi distanti che l'anno scorso sono stati obbligati a convivere nell'aula dell'istituto tecnico Guala di Bra, in provincia di Cuneo. Incomprensioni e battibecchi scandivano le ore di lezione, fino a quando la tensione è esplosa e quel professore così timido e a modo, da vittima si è trasformato in «giustiziere» fai-da-te: ha innescato la marcia della sua utilitaria e in preda a un raptus ha investito due studenti. I ragazzi - un diciassettenne e un diciottenne - sono stati ricoverati in ospedale con una prognosi di cinque giorni, mentre il prof dovrà rispondere dell'accusa di lesioni personali aggravate dolose ed omissione di soccorso.

Una storia incredibile che poteva trasformarsi in tragedia, un raptus dettato da una situazione di totale esasperazione, che Carlo Zolin - 50 anni, originario del Veneto ma da anni residente a Savigliano - non era più in grado di gestire. Quei bulletti erano diventati il suo incubo, la causa di quel malessere che a poco poco aveva minato il suo equilibrio. Quando, dopo dieci minuti, è tornato sul luogo dell'incidente, a carabinieri e agenti della polizia municipale non ha saputo giustificare il suo gesto. Che si sia trattato di un atto volontario, non ci sono dubbi. Qualcuno lo ha sentito sussurrare: «Non ne potevo più». In forte stato di choc, Carlo Zolin non vuole parlare con nessuno: «Lasciatemi in pace», dice con un filo di voce questo docente di religione, stimato da colleghi e conoscenti.
Ma cos’è accaduto in quel cortile? «Non so cosa rispondere. Posso solo dire che quella era una classe difficile e anche io adesso mi trovo in un momento difficile». Una reazione dopo anni di soprusi? «Non ho mai fatto del male a nessuno, ho sempre cercato di aiutare tutti quelli che ne avevano bisogno. Anche a quei ragazzi ho fatto solo del bene».

Stanco, provato, il professor Zolin non cerca facili giustificazioni, non si era mai confidato con nessuno, solo qualche accenno a don Cesare, il parroco di paese, e anche il preside del Guala, Ezio Delfino, si è detto sorpreso: «È una persona tranquilla, forse fa più fatica di altri ad accettare il modo di essere delle nuove generazioni».

Timido e rispettoso Zolin non si è adattato a una classe che non ascoltava le lezioni e si rivolgeva a lui chiamandolo «Carletto» e che non ha problemi ad ammettere: «Disturbavamo e meritavamo le note, ma era lui che si arrabbiava troppo».

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