«Ecco perché ho mostrato l’addio di Craig al mondo intero»

Un modo «per affrontare la fine della vita in maniera onesta». Un modo «per dimostrare che quando la morte viene nascosta e avviene nel privato, la gente non si confronta con le proprie paure». Mary Ewert, moglie di Craig e oggi vedova, ha affidato al quotidiano The Independent il racconto di una sofferenza personale e familiare e le ragioni di una decisione che molti considerano inspiegabile e insensata: la scelta del marito di mettere fine alla sua vita in una clinica di Zurigo e di far filmare i suoi ultimi momenti da una telecamera. «Non si tratta di un filmato personale su di lui». Craig, insomma, voleva mostrare al mondo cosa succede in quei momenti: «La gente non capisce che vuol dire morire, non ci riflette e non vuole affrontare la morte. Questo è il tabù».
Una vita da coppia felice a Chicago, poi il trasferimento in Inghilterra nel 2001 per ragioni di lavoro di lei. Tutto sembrava perfetto fino a che nel 2005 non è arrivato l’incubo della sclerosi laterale miotrofica: la perdita dell’uso delle braccia, il respiratore attaccato 24 ore su 24 e poi la perdita della mobilità degli arti inferiori. «Un incubo - scrive Mary - la paura della paralisi totale e della morte per soffocamento».
«Nel filmato si vede mia figlia ricordare le parole del padre, che anche da giovane aveva sempre detto: se mai mi ammalerò di una malattia mortale, preferisco morire più in fretta. Portatemi ad Amsterdam per una notte di divertimento e fatemi morire il giorno dopo». Craig ha tentato anche questa strada. Ma non era praticabile perché Craig non è un cittadino olandese.

Così è scattato l’appuntamento con Dignitas, la clinica di Zurigo. «Mio marito sperava solo di essere nella categoria di quelli che se ne vanno in pace. L’unica cosa che lo faceva inorridire era di arrivare al punto di non poter decidere una dolce morte».

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