La posizione in mare dei fanti di marina del reggimento San Marco, quando hanno sparato dei colpi di avvertimento contro sospetti pirati, al largo delle coste indiane, non coinciderebbe, neppure come orario, con quella del peschereccio dove sono stati ammazzati due indiani. Della loro morte vengono accusati i nostri militari. Lo sostiene una fonte riservata de Il Giornale, che segue da vicino il caso. Non solo: qualcuno potrebbe voler incastrare i marò, per coprire altre responsabilità e per motivi politici.
Sul respinto attacco del 15 febbraio alla petroliera italiana, Enrica Lexia e i due indiani morti a bordo del peschereccio Saint Anthony «emergono incongruenze di assoluto rilievo che fanno ritenere possa trattarsi di due eventi separati» spiega la fonte. Fino a questo momento sulla base delle dichiarazioni dei marò, delle autorità indiane e dei pescatori coinvolti «non esiste comunque alcuna evidente correlazione tra i due eventi. In particolare gli orari differiscono di oltre 4 ore, le posizioni di oltre 5 miglia nautiche». Non solo: sia il capitano della petroliera, che il comandante della squadra di protezione anti pirateria del reggimento San Marco ribadiscono «che il peschereccio con i morti sarebbe diverso, per forma e colore, da quello oggetto» delle tre raffiche di avvertimento italiane.
Lo stesso giorno, il 15 febbraio, salta all'occhio un altro sventato attacco dei pirati, ma ore dopo l'incidente italiano, alle 21.50 locali, proprio di fronte a Kochi. Il porto dove è trattenuta da mercoledì la petroliera con 11 connazionali a bordo, compresi i fanti di marina. Una ventina di predoni del mare, su due imbarcazioni, hanno preso d’assalto un’altra petroliera. L’equipaggio li ha respinti. Le 21.50, orario dell'attacco che non ha coinvolto gli italiani, è più o meno la stessa ora riportata dai media indiani per la morte dei due pescatori. La nostra petroliera era in zona e potrebbe essere stata utilizzata come capro espiatorio da chi ha ammazzato gli indiani.
Una ricostruzione tutta da verificare, ma la fonte riservata de Il Giornale fa presente che l'incidente del Lexia è «comunque avvenuto in acque internazionali, dove è quindi piena la giurisdizione dello stato di bandiera della nave, cioè l'Italia». A Roma è stata aperta un'inchiesta della Difesa, una della magistratura ordinaria, sul sospetto abbordaggio, e una seconda della procura militare. «Gli indiani stanno violando il diritto internazionale, sia trattenendo la nave, sia sostenendo un'azione unilaterale verso i nostri militari» osserva la fonte de Il Giornale. Agli italiani «trattenuti» nella rada di Kochi la polizia ha prima preso e poi restituito i passaporti. Poi è stato intimato a comandante e militari di scendere per venire interrogati, ma si sono rifiutati. A bordo c’è il console generale Giampaolo Cutillo. La polizia ha aperto un'inchiesta per omicidio e ribadito che «l'equipaggio non avrà il permesso di lasciare il porto fino alla conclusione delle procedure legali».
Nei commenti sui siti indiani non mancano punzecchiature a Sonia Gandhi, leader del partito maggioritario, ma nata e vissuta in Italia fino a metà anni sessanta. Il ministro della Difesa, A. K. Antony, rilascia dichiarazioni durissime: «La faccenda è seria. I colpevoli verranno puniti». La sua carriera politica è nata nel Kerala, lo stato indiano di fronte al quale è successo il pasticcio e dove lavoravano i pescatori uccisi. I loro colleghi hanno indetto per il 22 febbraio una manifestazione di protesta a Kochi. Se la nave viene lasciata andare Sonia Gandhi potrebbe venir accusata di arrendevolezza nei confronti degli ex compatrioti.
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