«Ecco perché non vale la condanna del Genoa»

(...) E in un momento in cui proprio l’uso improprio delle intercettazioni è al centro del dibattito politico, le parole della Cassazione finiscono per assumere un peso ancor più determinante. Il concetto ribadito più volte è quello secondo cui i magistrati non possono usare liberamente dialoghi telefonici o conversazioni «rubate» con microspie, per andare a caccia di qualsiasi reato, passando il materiale raccolto da un’indagine all’altra.
In effetti gli avvocati Maurizio Mascia e Andrea Vernazza che difendono Preziosi avevano in tutte le sedi fatto notare che le intercettazioni erano state disposte per i reati di associazione per delinquere che poi, per stessa ammissione del gip che le aveva autorizzate, erano inesistenti. Ma sia in primo, sia in secondo grado i giudici avevano tirato dritto, citando sentenze della stessa Cassazione, secondo cui il diritto alla privacy sancito dalla Costituzione poteva essere superato di fronte a qualsiasi reato. E qui arriva la «lezione» della Cassazione. «Se il legislatore ha ritenuto che l’inviolabilità della segretezza e della libertà delle comunicazioni debba incontrare un limite nell’esigenza di reprimere la commissione di reati di particolare gravità - scrive la Corte - è evidente che tale limite non può essere modificato mediante la utilizzazione in sede processuale delle risultanze di intercettazioni al fine di accertare reati per i quali tale mezzo di indagine non è consentito, anche se originariamente disposto per l’accertamento di una diversa fattispecie criminosa, rivelatasi inesistente». La legge è chiara e i magistrati non possono interpretarla.
Anche perché, e qui sta l’altro passaggio forte della sentenza che va oltre il caso-Genoa, le intercettazioni non possono essere usate per mettere alla berlina gli intercettati. Prima di usarle in un processo occorre pensarci bene perché, scrive la Cassazione «va anche osservato che proprio attraverso l’utilizzazione processuale, il contenuto delle conversazioni telefoniche o ambientali diviene, o dovrebbe divenire, di pubblico dominio». Già «dovrebbe», perché in realtà ormai quando si arriva a processo le intercettazioni sono già note a tutti. Quindi le intercettazioni di Genoa-Venezia dovevano essere inutilizzabili fin dall’inizio. Prima ancora di essere mandate alla procura federale. E questo lo stabilisce chiaramente la legge che nel caso è stata scavalcata. La stessa Cassazione, nella sentenza con cui accoglie il ricorso di Mascia e Vernazza, spiega chiaramente che non serve neppure considerare le altre eccezioni sollevate dagli avvocati, perché alla base di tutto ci stanno le intercettazioni che non potevano essere usate: «L’accoglimento del secondo mezzo di annullamento (le intercettazioni appunto, ndr) si palesa assorbente delle ulteriori eccezioni di nullità e dei successivi mezzi di annullamento sul punto della responsabilità penale degli imputati». I giudici dovranno rifare tutto daccapo e se vogliono dimostrare la colpevolezza di Preziosi, dovranno farlo «alla luce delle risultanze processuali diverse da quelle dichiarate inutilizzabili».

Persino i 250mila euro sequestrati, scrive la Cassazione, vengono dopo. I due processi, sportivo e penale, senza intercettazioni probabilmente non ci sarebbero neppure stati. Cosa è costato l’errore dei magistrati è noto a tutti.

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